30.6.07

L'IDOLATRIA DELLA NATURA PERDE DI VISTA L'UOMO


L'impronta ecologica fa parte di quell'insieme di teorie ambientaliste che, portate all'estremo, inducono a considerare il genere umano una sorta di «cancro del pianeta». Appartiene a questo filone di studi pseudoscientifici la ricerca realizzata di recente dal think tank britannico Optimum Population Trust, che ha «quantificato» le «capacità inquinanti» dei bambini occidentali ed è giunta alla conclusione che ogni coppia dovrebbe limitarsi a un massimo di due figli per contenere le proprie emissioni familiari di biossido di carbonio a livelli accettabili. Averne di più significa commettere un «crimine ecologico», afferma l'Optimum Population Trust che ha stimato l'impatto inquinante di ogni nuovo nato in un equivalente di 620 viaggi aerei andata e ritorno Londra-New York e vorrebbe veder perseguite e multate le famiglie numerose al pari di qualsiasi altro soggetto inquinante. In difesa dell'uomo e della sua buona volontà si leva però intanto sempre più forte, sicura e convinta la voce della Chiesa cattolica che ha respinto le tesi catastrofiste frutto di una «idolatria della natura che perde di vista l'uomo». Queste tesi sono state ormai confutate e, per fortuna, sono in regressione, ha spiegato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Consiglio della Giustizia e della Pace, il quale ha rinnovato la fiducia della Chiesa «nell'uomo e nella sua capacità sempre nuova di cercare soluzioni ai problemi che la storia gli pone, capacità che gli permettono di confutare spesso le ricorrenti, infauste e improbabili previsioni catastrofiche». Lo stesso cardinale Martino in questi giorni ha invitato i cattolici a sospendere ogni finanziamento e sostegno ad Amnesty International in seguito alla decisione di questa associazione di promuovere la depenalizzazione dell'aborto procurato, decisione che allinea Amnesty International alle politiche già varate dall'Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, troppo spesso ormai orientato a difendere i diritti dei bambini già nati evitando che ne arrivino altri a contendere le risorse scarse: questo invece di impegnarsi in strategie, certo ben più difficili e complicate, volte a incrementare stabilmente le risorse e soprattutto a fare in modo che tutti ne godano. (ragion politica)

24.6.07

«UNO PIU' UNO NON FA DUE, MA DUEMILA VOLTE UNO»


In famiglia si nasce, in famiglia si ritorna e si vive, in famiglia si genera. La famiglia è il luogo della memoria e delle radici, di una storia che ci ha preceduto e che ci raggiunge, storia di legami, di fatiche, di valori e tradizioni. La famiglia è il luogo della maturità post-adolescenza, lo spazio dell'essere uomini a tutto tondo, uomini che nel qui ed ora accettano la responsabilità a cui tutte le cose grandi, come il matrimonio, rimandano. La famiglia è il luogo della generazione, il tempo in cui l'amore fruttifica e si dilata nel volto del figlio. La famiglia è, dunque, il punto in cui s'incontrano passato, presente e futuro, in cui passato, presente e futuro si connettono l'uno agli altri. Un punto che ingrandisce e diventa cerchio, diventa trama di rapporti e di legami, diventa comunità, società, civiltà. La solitudine non costruisce nulla. Solo la relazione, solo l'apertura al «tu», solo l'amore genera, in tutti i sensi. «Non è bene che l'uomo sia solo», eppure tutto oggi porterebbe a dire che soli si è più liberi, che senza obblighi definitivi e cogenti si vive meglio, si è più se stessi. Invece è vero soltanto che soli si è più «autonomi». Perché la libertà autentica, nel paradosso della natura umana, sta un passo oltre: sta nell'accettare qualcosa di più grande di noi... E come diventa reale, tutto questo, quando si fa esperienza dell'amore, quando lo spazio dell'«io» misteriosamente si dilata e diventa accogliente, diviene casa e custodia di una cosa più grande. La famiglia è proprio questa casa dell'«io» e del «tu» che diventano, a un tempo, una cosa sola e qualcosa di più grande, perché, come diceva Chesterton, «uno più uno non fa due, ma duemila volte uno».

RIGORE SUI VALORI DELLA CIVILTA' OCCIDENTALE


“Al mondo islamico, accanto al segnale di responsabilità e di apertura, va dato anche un segnale di rigore e di intransigenza sui valori della civiltà occidentale. Bisogna essere chiari sul fatto che non rinunceremo mai ai principi della democrazia liberale e dello Stato di diritto. In base a questi principi, la libertà d'espressione è fatta per difendere non solo le idee che si condividono, ma anche quelle che ci appaiono molto riprovevoli. La prospettiva dello Stato etico va contrastata in tutte le sue espressioni. Tutti i simboli religiosi vanno rispettati e occorre forse studiare il modo di conciliare il diritto di espressione con le legittime esigenze della sensibilità religiosa. D'altra parte, anche l'impegno in questo senso può essere sviluppato solo sulla base della premessa che mai e poi mai l'Occidente rinuncerà ai fondamenti della sua civiltà giuridica”. Si deve prendere atto dell'imprescindibilità del dialogo ed incontro con l'islam moderato, ma, al contempo, della necessità di isolare e fronteggiare, orgogliosi delle nostre radici laico-razionali e giudaico-cristiane, l'islamismo fondamentalista, che è un'autentica minaccia all'intera civiltà occidentale. Una generica tolleranza non è più sufficiente. Reciprocità e rispetto sono gli ingredienti necessari al confronto fra cristianesimo ed islam. Il multiculturalismo ed il laicismo, tanto diffusi nei paesi europei, si sono dimostrati essere ricette quanto mai illusorie e lontane dalla realtà, dal momento che mettono al primo posto la comunità di appartenenza (anche quando questa non è democratica) e non la libertà della singola persona. La centralità della persona umana e della sua dignità è il valore assoluto cui ci si dovrebbe conformare per trovare posto e cittadinanza in Europa. Solo così verranno preservati sia la tradizione giudaico-cristiana che l'impianto dello Stato laico di diritto. Qui risiede l'essenza della civiltà occidentale.

16.6.07

EUROPA DEBOLE E INTIMIDITA


L'Europa si va presentando come un soggetto debole, intimidito, incapace di prendere di petto ed affrontare risolutamente l'attuale situazione; una situazione che vede come attore precipuo un Islam che vuole imporre al Vecchio Continente non solo i propri precetti religiosi, ma anche allo stesso tempo la propria visione politica totalitaria ed arcaica del mondo e della società, assai lontana, se non del tutto opposta, alla nostra tradizione occidentale e moderna, ad un tempo liberale, democratica, umanista e cristiana. A furia di continuare a voler essere a tutti i costi tolleranti e rispettosi anche unilateralmente verso l'Islam, noi europei stiamo mettendo a rischio tutte le nostre conquiste civili, fra cui la stessa libertà d'opinione e d'espressione, cuore di un qualsivoglia sistema democratico.
Caso emblematico ne era stata la sommossa islamica seguita alla pubblicazione un po' di tempo fa delle vignette satiriche su Maometto ad opera del giornale danese Jyllands-Posten. Tale vicenda ha dimostrato come in Europa già ora non si sia più liberi di dire, scrivere o fare cose secondo la propria laica e libera coscienza. La prova di forza scaturitane ha messo in evidenza la palese ed ampia disparità tra i musulmani, che hanno in un batter d'occhio mobilitato le proprie masse dando luogo ad una umma (comunità islamica mondiale) unita, bruciando bandiere e distruggendo ambasciate danesi ed europee, emettendo minacce di morte nei confronti degli autori delle vignette e pronunciando epiteti guerrafondai contro gli europei, e gli occidentali, pavidi e vigliacchi, attentissimi ad inchinarsi, porgere sommessamente le proprie scuse e non ferire la sensibilità degli islamici, oltre che persino pronti ad adirarsi con il giornale danese protagonista delle famigerate vignette e a bollare e condannare come «xenofobo ed islamofobo» chi si rifiuti di mostrare piena accondiscendenza all'Islam.