28.11.07

SELEZIONE NATURALE


Due frasi da una dichiarazione sottoscritta da oltre tremila scienziati (e venticinque premi Nobel) sugli Ogm: «L'aggiunta di geni nuovi o differenti negli organismi per mezzo delle tecniche del Dna ricombinante non comporta di per sé rischi nuovi o più elevati rispetto alla modificazione di organismi con metodi più tradizionali».
(www.agbioworld.org/declaration/petition/petition_it.php)
Se quindi gli Ogm non sono concettualmente diversi rispetto alle piante convenzionali, come mai sono visti come un pericolo per l'agricoltura e l'ambiente? La risposta breve è: per ignoranza (o malafede). Quali caratteri sono preferiti dalla selezione naturale? Esaminiamo due piante vicine. Immaginiamo che, a causa di una mutazione, una cresca più velocemente e diventi alla fine più alta. Avrà più luce a disposizione, quindi farà più fotosintesi e più semi, ragion per cui il mutante sarà favorito dalla selezione naturale. Altro carattere vantaggioso in natura è la capacità di sfruttare dosi minime di nutrienti, perché questi spesso scarseggiano, come accade ad esempio in un prato (l'affollamento significa competizione e quindi scarsità di risorse). Mutanti che accumulano più pesticidi naturali nelle foglie, cioè sostanze tossiche che interferiscono con il ciclo vitale di parassiti come insetti o funghi, sono ovviamente favoriti. In natura non si trovano facilmente piante con semi o frutti di grande dimensione: un grosso seme implica un grosso investimento in termini di riserve e pochi semi, visto che le risorse sono limitate. Pochi semi significano pochi tiri alla roulette della vita e poche possibilità, perciò non è un carattere solitamente favorevole. Inoltre è importante che i semi vengano dispersi lontano e in gran numero, così da conquistare nuovi spazi, ed è meglio che il seme sia resistente all'attacco di funghi e batteri, per non marcire facilmente, che non sia distrutto da larve o roditori, per cui sarà favorito il seme che accumula sostanze tossiche, come composti che rilasciano cianuro quando le cellule sono frantumate. Tutti questi caratteri, di grande importanza per la sopravvivenza e il successo in un ambiente naturale, sono assenti o molto ridotti nelle piante coltivate, perché l'uomo trova questi caratteri indesiderabili e quindi ha sempre scelto, ove possibile, gli individui che non li presentavano (in pratica dei mutanti). tempi

26.11.07

NOI VIVIAMO OGGI IN UNA SOCIETA' DELLE SCIENZE


Ci troviamo di fronte ad un problema che mette in questione l’intera struttura della nostra vita, il problema cioè della crescita e del predominio di un sistema anonimo all’insegna della scienza e della tecnica. Quello che oggi chiamiamo scienza è – come noto – una creazione dell’età moderna che ha avuto inizio con Galileo Galilei. Fino ad allora le capacità inventive dell’uomo si erano limitate più che altro a riempire gli spazi lasciati vuoti dalla natura. Ecco ora, invece, aprirsi una nuova epoca, in cui l’ingegno umano impara a riprodurre artificialmente gli oggetti naturali e, addirittura, a costruire una nuova realtà. Il metodo scientifico diviene così la nuova forma atta a dominare la natura, che così viene ridotta a campo da dominare e non è più considerata come madre della vita. Un progresso, questo, straordinario, destinato però a produrre lentamente il predominio delle scienze nella vita umana. E infatti l’altra linea di pensiero, quella che cerca di argomentare razionalmente intorno agli eventi umani, intorno alla storia, non poteva reggere il confronto con le moderne scienze sperimentali, nonostante quei pensatori che, come Vico, rivalutavano il valore teoretico e pratico della retorica a fronte di un approccio conoscitivo basato sul metodo oggettivante.
Noi viviamo oggi in una società che potremmo definire in senso lato una società delle scienze; una società dove l’opinione pubblica e la politica dell’informazione sono guidate e manipolate sulla base dei risultati delle scienze. Sta qui, a mio parere, il vero pericolo di un possibile abuso della scienza. Tutti i risultati della scienza moderna sono caratterizzati dall’oggettività metodica come sinonimo di anonimità. Nella nostra epoca, nell’epoca del predominio delle scienze naturali e matematiche, la grande “vittoria” delle scienze moderne appare sempre più come un appiattirsi nel monologo, i cui caratteri distintivi sono la chiusura individualistica e la mancanza di ogni fede. Questo è un chiaro segno, peraltro, dell’indebolirsi e del venir meno dell’educazione all’interno della famiglia, dove l’autorità dei genitori viene oggi sostituita dall’autorità dei messaggi diffusi dai mass-media.
Già il grande sociologo Max Weber aveva definito la nostra epoca come l’epoca della burocratizzazione. Viene così alla luce una nuova problematica: da una parte cresce la domanda di regole e controlli, dall’altra, e per conseguenza, la possibilità di abusi di potere. Ogni sistema regolato richiede uno sforzo di adattamento alle regole; ma a sua volta ogni regolazione deve fare i conti con il continuo mutare delle situazioni reali, coi bisogni, le esigenze, le attese degli uomini. L’adattamento alle regole e l’autonomo giudizio personale sembrano difficili da conciliare. Si può anzi dire che la civiltà europea con tutti i suoi grandi successi stia sviluppando una fisionomia sempre più unilaterale, in cui i comportamenti degli uomini sono stilizzati da regole imposte da un’autorità anonima. Come risultato finale di questa diagnosi posso dire che il canone della scienza moderna è ormai rappresentato dal talento dell’adattamento.

Dall’ “Appello per l’Europa” di Hans-Georg Gadamer

25.11.07

UNA CONCEZIONE IDEOLOGICA DI TIPO MARXIANO


Bisogna leggere le pagine drammatiche in cui il cardinale Giacomo Biffi parla di Dossetti. Non si capisce nulla del travaglio della Chiesa italiana del secondo Novecento senza queste pagine. Il giudizio è tutto sulla sua concezione. In primo luogo sulla sua presunzione di essere un autodidatta della teologia, pretesa che getta un'ombra su tutto. Poi sulla sua concezione della politica, che conosce solo tre snodi: l'individuo, il partito e lo Stato. E la società? Quella società in cui gli uomini esprimono la loro concezione della vita e che lo Stato deve servire? Non c'è. È una concezione ideologica di tipo marxiano, con una premessa di spiritualità individualista che non dà forma alla vita. Nella Bologna di Dossetti e di Alberigo, c’era il centro della sinistra intellettuale cattolica, di una lettura tutta secolarizzata del cattolicesimo, che diluisce la fede nella storia, una fede soggettiva che fluisce nella storia senza darle forma, un chiaro esempio di come la concezione protestante sia penetrata anche nel mondo cattolico.
Dossetti era un grande seduttore. E Lercaro, il predecessore di Biffi sulla cattedra di Bologna, ne era stato completamente sedotto. Il dossettismo, pericolosissimo, era arrivato fin nella stanza dei bottoni, a inquinare la sorgente della cultura intellettuale della Chiesa. E lui ha subito visto lucidamente dove stava la sorgente dell'errore: nell'orgogliosa rivendicazione di non avere avuto maestri. Perfino san Tommaso d'Aquino, sottolinea Biffi, dichiara il suo debito verso i suoi maestri. Non si può essere teologi autodidatti, altrimenti ci si inventa una fede che non è quella della Chiesa. La fede della Chiesa è la tradizione, una tradizione che ci raggiunge attraverso un popolo.

24.11.07

AKIANE KRAMARIK, BAMBINA PRODIGIO


http://www.artakiane.com/

11.11.07

OGNI COSA CHE ESISTE, IN QUANTO E', E' CONOSCIBILE


Dopo la fine delle grandi ideologie, la teoria dell'evoluzione sembra essere rimasta, per molti contemporanei, l'unica spiegazione onnicomprensiva della verità: rivendicano il diritto di spiegare dal solo punto di vista evoluzionistico tutti i campi della vita e della scienza. Così, per esempio, i sociobiologi cercano di spiegare ogni cosa, anche la religione, in chiave evoluzionistica per ottenere un'egemonia di interpretazione su tutto. Analizzano la religione suddividendola in rito, mito, etica e mistica: ognuna di queste categorie secondo loro costituirebbe un vantaggio selettivo nell'ambito dell'evoluzione. Un'etica comune rafforza la fiducia di una società, e questo sarebbe il vantaggio nei confronti di altri gruppi. Oppure affermano che la religione favorisce un atteggiamento pedagogico. In questo modo, la religione per i biologi è unicamente un finanziamento indiretto alla dinamica della popolazione, ed è vera solo in quanto serve all'evoluzione.
………… Elevare la casualità conferendole un'importanza decisiva nel teatro del mondo non è scienza naturale, è una professione di fede non sufficientemente meditata. Se tutto, fino alle conoscenze di scienze naturali e alla religione, è solo un trucco dell'evoluzione per massimizzare la "fitness" biologica, allora anche le stesse conoscenze di scienze naturali sono una trucco, e la chiusura del cerchio è perfetta. Qui si cerca di creare una teoria dell'evoluzione ossessivamente metafisica sulla megateoria che comprende tutto.
Con una concezione esclusivamente biologica dell'uomo l’uomo diviene un oggetto biologico del quale si può disporre a seconda dell’interesse. Questo vale per l'inizio della vita, per la ricerca sugli embrioni e anche per la fine con l'eutanasia. Una creatura dalla dignità inviolabile la tratterò in modo diverso da un qualsiasi prodotto biologico dell'evoluzione. Se presunte tesi biologiche, come quella secondo cui un uomo per sua natura è fatto per più donne, divengono la legittimazione di comportamenti conseguenti, si produce una conclusione naturalistica sbagliata. Io, alla fine, non sono responsabile del mio comportamento perché seguo soltanto l'istinto che biologicamente mi è stato dato. Il risultato è che l'uomo si interdice e si degrada da solo. Disconosce da sé la libertà. Un'etica che si basa soltanto sul caso e sulla selezione, e non sull'amore e sulla ragione, non è un'etica, e non lo è in modo crudele.
Il desiderio dell'uomo di un sostegno spirituale in un mondo estremamente complesso è comprensibile, ma questo non può avvenire a scapito della ragione. La fede non deve nulla all'ignoranza. Non è che coloro che sanno molto debbano credere meno e coloro che credono molto debbano sapere meno. Ognuno, anche l'ateo, crede in qualcosa, e deve rendere conto con la propria ragione di ciò in cui crede. La premessa di ogni ricerca è infatti una fiducia di base nella percettibilità del mondo. Come dice san Tommaso: «Omne ens qua ens est intelligibile», ogni cosa che esiste, in quanto è, è conoscibile. Tutti gli scienziati naturali, anche coloro che non credono in Dio, prendono obbligatoriamente le mosse da questa ipotesi di base. Ora, se io credo a un solo creatore, che è Logos, che comunica con la propria creazione la fiducia nella riconoscibilità del suo mondo e non ci abbandona al puro caos, questa è la premessa migliore per la ricerca.


10.11.07

CONCLAVE


Intervento del cardinale Giacomo Biffi pronunciato il venerdì 15 aprile 2005 nel Conclave di elezione di Benedetto XVI. Eccone il testo:
"1. Dopo aver ascoltato tutti gli interventi – giusti opportuni appassionati – che qui sono risonati, vorrei esprimere al futuro papa (che mi sta ascoltando) tutta la mia solidarietà, la mia simpatia, la mia comprensione, e anche un po’ della mia fraterna compassione. Ma vorrei suggerirgli anche che non si preoccupi troppo di tutto quello che qui ha sentito e non si spaventi troppo. Il Signore Gesù non gli chiederà di risolvere tutti i problemi del mondo. Gli chiederà di volergli bene con un amore straordinario: 'Mi ami tu più di costoro?' (cfr. Giovanni 21,15). In una 'striscia' e 'fumetto' che ci veniva dall’Argentina, quella di Mafalda, ho trovato diversi anni fa una frase che in questi giorni mi è venuta spesso alla mente: 'Ho capito; – diceva quella terribile e acuta ragazzina – il mondo è pieno di problemologi, ma scarseggiano i soluzionologi'. "2. Vorrei dire al futuro papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i 'piccoli'.
"3. Qualche giorno fa ho ascoltato alla televisione una suora anziana e devota che così rispondeva all’intervistatore: 'Questo papa, che è morto, è stato grande soprattutto perché ci ha insegnato che tutte le religioni sono uguali'. Non so se Giovanni Paolo II avrebbe molto gradito un elogio come questo.
"4. Infine vorrei segnalare al nuovo papa la vicenda incredibile della 'Dominus Iesus': un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli – a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni non è stata mai posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma protestante. L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna. Eppure questo documento, che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia.
"5. Mi è stato raccontato di un buon cattolico che ha proposto al suo parroco di fare una presentazione della 'Dominus Iesus' alla comunità parrocchiale. Il parroco (un sacerdote per altro eccellente e ben intenzionato) gli ha risposto: 'Lascia perdere. Quello è un documento che divide'. 'Un documento che divide'. Bella scoperta! Gesù stesso ha detto: 'Io sono venuto a portare la divisione' (Luca 12,51). Ma troppe parole di Gesù oggi risultano censurate dalla cristianità; almeno dalla cristianità nella sua parte più loquace". Giacomo Biffi, "Memorie e digressioni di un italiano cardinale", Cantagalli, Siena, 2007, pp. 640, euro 23,90. Su "L'espresso" uscito in edicola venerdì 26 ottobre sono anticipati questi due brani del libro > Quando giurai davanti a Pertini. E quando Craxi mi contestò

3.11.07

IL VIGORE DI UNA PREDICAZIONE CONTROCORRENTE


Citazioni dal libro di Giacomo Biffi, "Liber Pastoralis Bononiensis" - Edizioni Dehoniane
Indomito nel predicare «la certezza della fede» e insieme nello smascherare e contrastare «i cedimenti e i mimetismi» della Chiesa allo spirito del tempo.
Il volume è dedicato al terzultimo arcivescovo di Milano, cardinale Giovanni Colombo. Perché dopo Colombo, a Milano, è venuto Carlo Maria Martini, e dopo quest´ultimo è arrivato Dionigi Tettamanzi. Ma con entrambi Biffi ha sempre avuto poco da spartire, quanto a orientamento e stile. «Con lui (Colombo) è arrivata alla sua conclusione, dopo quasi novant´anni, l´epoca che nella Chiesa ambrosiana era iniziata nel 1891 con la venuta del beato cardinale Andrea Carlo Ferrari. Un´epoca tra le più luminose e feconde per il calore e la certezza della fede, per la concretezza della iniziative e delle opere, per la capacità di rispondere alle interpellanze dei tempi non con cedimenti e mimetismi ma attingendo al patrimonio inalienabile della verità... Sempre con l´ispirazione e lo slancio attinti alla grande tradizione di san Carlo Borromeo e al ricchissimo, sereno e rasserenante magistero di sant´Ambrogio».
Pagina 299. "Guai a me se non predicassi il Vangelo". E invece «ecco la dilagante retorica del dialogo» a diluire e cancellare questo comandamento, e l´idea secondo cui a musulmani ed ebrei non si debba annunciare Gesù Cristo, «per il timore d´essere accusati di proselitismo». La realtà è che «è in atto una violenta e sistematica aggressione al fatto cristiano, eppure la cristianità - almeno quella che parla e fa parlare di sé - non mostra di rendersene conto».
Pagina 436. «Come stanchi di testimoniare il Crocifisso, i discepoli di Gesù si riducono a parlare di pace, di solidarietà, di amore per gli animali, di difesa della natura, eccetera. Così il dialogo con i lontani si fa meno irto; e la nostra possibilità di essere accolti nei salotti mondani diventa facile e senza problemi. Come se Gesù non avesse mai dichiarato: "Io non sono venuto a portare pace, ma una spada"...».
Pagina 444. Chiedere perdono per gli errori ecclesiastici passati «può servire anche a renderci meno antipatici e a migliorare i nostri rapporti con i rappresentanti della cultura così detta laica, i quali si compiaceranno della nostra larghezza di spirito, anche se non ne ricaveranno di solito nessun incoraggiamento a superare la loro condizione di incredulità... Senza dire che, dei veri enormi delitti storici contro il genere umano - oggi avvolti da un misericordioso silenzio culturale - pare siano tutti d´accordo nel ritenere che non ci siano più i responsabili. Per esempio. a chi l´umanità manderà il conto per gli innumerevoli ghigliottinati francesi del 1793, uccisi senza colpe diverse da quella dell´appartenenza sociale? A chi l´umanità manderà il conto delle decine di milioni di contadini russi trucidati dai bolscevichi? Ma allora, per i peccati della storia, non sarebbe forse meglio che aspettiamo tutti il giudizio universale?».
Pagina 627. «Io penso che l´Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la "cultura del niente", della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l´atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa cultura del niente (sorretta dall´edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all´assalto ideologico dell´Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell´avvenimento cristiano come unica salvezza per l´uomo - e quindi solo una decisa risurrezione dell´antica anima dell´Europa - potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».
Pagina 676. «Il dialogo interreligioso dovrà sempre fare i conti con una certezza fondamentale e irrinunciabile; e cioè che l´evento salvifico - nei due fatti costitutivi dell´incarnazione del Verbo e della risurrezione di Gesù - non solo sta all´origine del cristianesimo, ma ne rappresenta in modo perenne e definitivo il senso e il cuore. Essendo dei fatti e non delle dottrine, essi non sono trattabili: o si accolgono o si rifiutano. Sono culturalmente laceranti: il credente non può, restando intellettualmente onesto, né attenuarli né metterli tra parentesi».

1.11.07

QUI SI SENTE PUZZA DI TOTALITARISMO


Attribuendo alle teorie scientifiche delle valenze sul piano etico, il Parlamento europeo ha approvato il 4 ottobre scorso un documento in cui attacca il creazionismo e le teorie del disegno intelligente asserendo quanto segue: «L'assemblea parlamentare è preoccupata per i possibili effetti deleteri della diffusione delle teorie creazioniste nell'ambito del nostro sistema d'istruzione e intorno alle conseguenze che potrebbero avere per le nostre democrazie. Se non stiamo attenti, il creazionismo potrebbe divenire una minaccia per i diritti umani, che per il Consiglio d'Europa costituiscono una questione chiave».
Siamo convinti che le teorie creazioniste non possano essere messe su un piede di parità con le teorie evoluzioniste e che non sarebbe serio insegnarle come se fossero due opzioni equivalenti. Ma è altrettanto evidente che la teoria dell'evoluzione non è a prova di bomba. Al contrario, si tratta di una teoria piena di falle e che, come ammettono molti scienziati di primo ordine, richiede un ripensamento radicale. Queste difficoltà hanno prodotto una situazione opaca in cui taluni propongono un ritorno drastico (e immotivato) alle dottrine creazioniste, mentre l'unico atteggiamento razionale consisterebbe nell'offrire una visione critica e problematica dello stato delle conoscenze. L'unica cosa evidente è che non si tratta di questioni che si risolvono in un'aula parlamentare, tanto meno deliberando con un voto. Tanti scienziati del passato sono stati creazionisti e hanno prodotto su tali premesse teologiche un'immensa mole di conoscenze e una classificazione ricchissima delle specie viventi. Nessuno può seriamente escludere che la forma attuale della teoria dell'evoluzione venga abbandonata, assieme alla metafisica influente che gran parte dei darwinisti è abituata ad associarle, ovvero il materialismo e l'ateismo. Non sarebbe serio condannare materialismo e ateismo in quanto la teoria cui vengono associati è entrata in crisi. Allo stesso modo, la dottrina secondo cui le specie sono state create da Dio non può essere messa sotto accusa in ragione del fatto che la teoria della fissità delle specie è in conflitto con i fatti noti. È invece proprio quello che ha fatto il Parlamento europeo, che non ha saputo astenersi da una discussione scientifica, filosofica e teologica che deve procedere per conto suo e il cui esito non può essere deciso con un voto. L'accusa al creazionismo di essere una dottrina che costituirebbe addirittura una minaccia per i diritti umani e per la democrazia è, oltre che ridicola, scandalosa. Si lamenta il diffondersi di sentimenti di freddezza nei confronti della costruzione europea. Di che stupirsi di fronte allo spettacolo avvilente di organismi che decretano su qualsiasi cosa, dal modo di cuocere la pizza napoletana alle dimensioni dei cetrioli, a quello che debbono pensare i cittadini europei? Quel che promana da queste delibere del Parlamento europeo è un'atmosfera mefitica di totalitarismo. (Tempi)