30.12.07

BUON ANNO 2008!!



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COS’È L’IDEOLOGIA DI GENERE?


L’ideologia di genere nega che esista una identita’ sessuata oggettiva e sostiene che l’identita’ sessuale e’ il risultato di sovrastrutture culturali e sociali da abbattere. La sessualita’ e’ percio’ da liberare in senso polimorfo a seconda delle preferenze soggettive. Il lessico dell’ideologia di genere nasce da una precisa tecnica di decostruzione del linguaggio, introduzione di neologismi nei documenti, e nella legislazione. Il concetto di “genere” infatti non corrisponde a quello di sesso anche se molti ingenuamente credono che sia così.
La identità sessuale secondo la ideologia di genere non rappresenta una identità anche biologica ma una costruzione soggettivamente opzionabile, a prescindere dalla biologia.
Sessualità secondo il “desiderio”, fluido, modificabile, relativo (le relazioni fluide di Bauman). Per l’ideologia di genere la sessualità diventa “orientamento”, opzione a prescindere dalla differenza biologica. E’ negato il significato ontologico della distinzione insita nella parola sesso (da secato, separato). E’ una ribellione contro il reale, che nega la natura ma anche l’evidenza della oggettività del significato di sesso.
In una antropologia ancorata alla realtà, invece l’identità sessuata maschile e femminile è il risultato della integrazione inscindibile tra elementi che potremmo definire “strutturali” (biologici) e relazionali (riassumibili ma non esauribili negli aspetti “culturali). Esiste una differenza biologica oggettivabile, Cromosomica , genetica (XX donna XY maschio), gonadica e genitale, fenotipica , psichica (gli emisferi cerebrali maschili e femminili sono strutturalmente interconnessi in modo diverso) . Esiste una identità di genere che si costruisce nella relazione famiglia, cultura, società (i ruoli). Non può essere surettiziamente introdotto un concetto ideologico di genere senza derive a livello personale, familiare, generazionale, sociale.
L’ideologia di genere ha già “identificato” i suoi nemici.
1. Cristianesimo e chiesa cattolica in particolare (definita come “patriarcale”, “androcentrica”, “affetta da paradigma eterocentrico” sessista, sessuofobica)
2. Psicoanalisi “classica”
3. Strutturalismo (quindi aderenza tra Logos e oggettiva realtà di ciò che il logos nomina, cioè riconosciuta aderenza del significato della parola alla realtà ). Nel rifiuto dell’”eterocentrismo” (cioè dell’eterosessualità considerata come modello sociale naturale) vi è la ribellione verso il concetto di natura oggettiva.
L’attacco sferrato dalla ideologia di genere si sviluppa secondo le seguenti modalità:
- Lotta anticristiana anche dall’interno della Chiesa, con accuse di mancanza di carità, pretesa di aggiornare con contaminazioni gnostiche Dio padre-madre con un nuovo “Dio madre”(migliore perchè spogliato delle sue caratteristiche maschili e androcentriche), accuse di oppressione sociale, negazione di “diritti”.
- Antipsicoanalisi (accuse di non scientificità, negazione della utilità della verbalizzazione come modalità di positiva trasformazione del proprio vissuto guardato ed elaborato proprio grazie alla possibilità del linguaggio).
- Destrutturazione del linguaggio (antilingua): progressivo svuotamento della corrispondenza effettiva tra il significato della parola e una data realtà.
- Da una sessualità “politica” (movimento di liberazione sessuale) ad una politica della sessualità: progressiva invasione da parte dello stato nelle scelte dell’individuo, con definizione di ciò che è “normale”, accettabile, politically correct, “per legge”.
- Promozione di una (falsa) “etica neutra” (in realtà dittatura di relativismo).
- Qualsiasi rappresentazione della sessualità passa attraverso la cultura: attraverso l’azione culturale quindi si “rivoluziona” la rappresentazione della sessualità
- Posizioni chiave presso agenzie sovranazionali (ONU), mass media, politica.La modifica del linguaggio ha ricadute a livello legislativo (vedi documenti dopo conferenze del Cairo, di Pechino, controllo su parlamento UE).
[di Chiara Atzori]

ASCESA E AFFERMAZIONE DEL CRISTIANESIMO


Il cristianesimo conobbe nei primi secoli un intenso ed impetuoso sviluppo, alla stregua di un movimento di vera e propria «rivitalizzazione», nel contesto di un impero romano in preda al caos culturale, alla decadenza morale e sociale ed al declino politico. Il cristianesimo «primitivo» riuscì a sopravanzare il giudaismo ponendo le basi di una nuova cultura e civiltà più aperta, cosmopolita ed universale, contribuendo alla nascita di un nuovo codice etico-sociale e di una nuova moralità fondata sulla libertà, l'amore, la misericordia, la pietà e la carità. Esso seppe offrire una fede vigorosa e coinvolgente ma anche garantire un buon grado di continuità culturale col mondo greco-romano. Il cristianesimo delle origini riuscì ad evangelizzare gran parte degli ebrei del mondo ellenistico e quelli della diaspora, fuoriusciti dal «ghetto» etnico e dall'enclave legislativa. Paolo di Tarso e molti primi missionari erano fra questi. Benché le autorità ebraiche di Gerusalemme bollassero Gesù a guisa di «capo di un movimento settario interno al giudaismo» e i cristiani come «eretici fuori dai confini della comunità religiosa». Apparso agli albori come movimento religioso «deviante», il cristianesimo si manifestò effettivamente come un'alternativa per certi aspetti «rivoluzionaria» alle norme religiose dominanti. I valori cristiani poi si tradussero anche in «reti di legame sociale». A dispetto delle teorie ideologiche ispirate al marxismo, il cristianesimo «primitivo» non assunse i connotati di un movimento politico «proletario» teso al mero riscatto di natura sociale e materiale dei più poveri, diseredati, oppressi e schiavi soggiogati da Roma, in opposizione ai «ricchi». Il cristianesimo divenne la religione dominante della civiltà occidentale anche grazie alla sua capacità di porsi come la migliore concreta soluzione valoriale ed insieme socio-politica per far fronte con successo ai più svariati problemi e crisi che attanagliavano le città dell'impero. Il cristianesimo ha fornito al popolo la linfa per dar vita a comunità politiche coese a fronte del precedente disordine e disorganizzazione sociale (derivanti da rivolte, carestie, calamità naturali ed attacchi dall'esterno), offrendo efficaci servizi volontari di solidarietà sociale prima ed oltre l'apparato statale. Ma è stato il martirio di tanti cristiani la testimonianza più alta della fede nella beatitudine eterna e nella purificazione dell'anima così come della capacità razionale di amare davvero per il tramite del sacrificio, ciò che fu seme per la formazione e crescita di molti altri nuovi cristiani e stupore (ed infine conversione) anche per i pagani.
Rodney Stark – “Ascesa e affermazione del cristianesimo. Come un movimento oscuro e marginale è diventato in pochi secoli la religione dominante dell'Occidente”
RODNEY STARK è sociologo della religione e docente di Scienze Sociali presso la Baylor University. Tra le opere più importanti: The Churching of America 1776-2005, scritta insieme a Roger Finke, A Theory of Religion, con William Sims Bainbridge, e La vittoria della ragione (Lindau, 2006).

29.12.07

GLI UOMINI SONO ATTRATTI DALLA PROFONDITA'. E CAPIAMO CHE LA PROFONDITA' E' IL SACRO


In tutti gli uomini c'è una superficie e una profondità. La superficie è piatta e uguale, la profondità un abisso. Noi viviamo abitualmente in superficie, nel mondo della banalità, del si dice, della chiacchiera, del distrarsi, del ripetuto, dove non ci sono emozioni ma, al massimo, sorpresa o curiosità. Puoi perfino andare in vacanza, in crociera, fare affari restando in superficie. Eppure, è strano, gli uomini sono attratti dalla profondità. Tutti ogni tanto siamo condotti sull'abisso della profondità quando qualcosa scuote i fondamenti della nostra esistenza. Quando siamo impegnati in una lotta disperata per ottenere un risultato, e ci riusciamo. E proviamo un senso di immensa esultanza, il momento di «gloria» che potremo ricordare. Oppure, sul versante negativo quando muore una persona che ci è cara o ci ammaliamo di una malattia che potrebbe essere mortale e riguardiamo con occhi diversi tutti i nostri rapporti, tutta la nostra vita. E distinguiamo ciò che non è essenziale da ciò che è essenziale, la superficie dalla profondità. E capiamo che la profondità è il sacro. E lo incontriamo quando ci innamoriamo, e il nostro animo si dilata, diventa capace di emozioni e di pensieri tanto più grandi di noi stessi che vorremmo abbracciare il mondo e fonderci con esso. Ma c'è un’altra strada verso la profondità: l'arte, la grandissima arte. Ci sono dei libri, dei romanzi, dei film, dei brani musicali, talvolta delle opere di pensiero, che invadono il nostro spirito e sembrano sul punto di farlo esplodere tanto ci apriamo al mondo, agli altri, a noi stessi. E vediamo qualcosa della nostra essenza e di cosa potremmo essere. Allora il nostro abituale modo di vivere ci sembra un vestito vecchio, abbandonato in un angolo della stanza. (Francesco Alberoni)

22.12.07

BUON NATALE!


“Noi creature umane abbiamo bisogno di speranza per vivere, come dell'ossigeno per respirare”.
Tutto ciò si riflette anche sul piano umano e sociale. In Italia si è fermata la speranza e con essa la fiducia, lo slancio, la crescita, anche economica. Il 'declino' di cui si parla nasce da qui. La paura del futuro ha preso il posto della speranza.
In questo contesto di crisi, contribuisce ad avere un sussulto di speranza chi non ha paura di contrastare il disfattismo, ricordando agli italiani i tanti e straordinari motivi, spirituali e culturali, che essi hanno di avere fiducia nelle proprie risorse.
“Di questa terapia abbiamo bisogno per guarire dalla malattia più perniciosa di tutte: la disperazione, lo scoraggiamento, la perdita di fiducia in sé, nella vita e perfino nella Chiesa”.
“La speranza è miracolosa: quando rinasce in un cuore, tutto è diverso anche se nulla è cambiato. Dove rinasce la speranza rinasce anzitutto la gioia”.
“Non gente che spera di essere felice, ma gente che è felice di sperare; felice già ora, per il semplice fatto di sperare”.

17.12.07

SE TUTTE LE POSIZIONI SI EQUIVALGONO


Spesso si ritiene che ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un limite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede cattolica: si dice che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Inoltre, alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa, poiché sarebbe possibile esser salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale alla Chiesa.
Oggi vengono formulati, con sempre maggiore frequenza, degli interrogativi proprio sulla legittimità di proporre ad altri — affinché possano aderirvi a loro volta — ciò che si ritiene vero per sé. Tale proposta è vista spesso come un attentato alla libertà altrui. Questa visione della libertà umana, svincolata dal suo inscindibile riferimento alla verità, è una delle espressioni «di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l'apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione». Nelle diverse forme di agnosticismo e relativismo presenti nel pensiero contemporaneo, «la legittima pluralità di posizioni ha ceduto il posto ad un indifferenziato pluralismo, fondato sull'assunto che tutte le posizioni si equivalgono: è questo uno dei sintomi più diffusi della sfiducia nella verità che è dato verificare nel contesto contemporaneo. A questa riserva non sfuggono neppure alcune concezioni di vita che provengono dall'Oriente; in esse, infatti, si nega alla verità il suo carattere esclusivo, partendo dal presupposto che essa si manifesta in modo uguale in dottrine diverse, persino contraddittorie tra di loro». Se l'uomo nega la sua fondamentale capacità della verità, se diviene scettico sulla sua facoltà di conoscere realmente ciò che è vero, egli finisce per perdere ciò che in modo unico può avvincere la sua intelligenza ed affascinare il suo cuore.
Oggi, tuttavia, l'annuncio missionario della Chiesa viene «messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio)». Da molto tempo si è venuta a creare una situazione nella quale, per molti fedeli, non è chiara la stessa ragione d'essere dell'evangelizzazione. Si afferma addirittura che la pretesa di aver ricevuto in dono la pienezza della Rivelazione di Dio nasconde un atteggiamento d'intolleranza ed un pericolo per la pace. Dalla nota dottrinale su “Alcuni aspetti dell'evangelizzazione”.

8.12.07

IN CINA NON ESISTE LIBERTA' RELIGIOSA


Leggendo sul sito ufficiale delle Olimpiadi di Pechino (http://www.beijing2008.cn/ ) si trova l’indicazione di non portare “materiale pericoloso”, sangue, animali infetti, materiale “dannoso alla politica cinese” e poi si precisa in una nota: “Si raccomanda in ogni viaggio di portare in Cina non più di una Bibbia”. (cfr. http://en.beijing2008.cn/22/69/article212026922.shtml )
Non una censura speciale, apposta per le Olimpiadi, ma la censura di sempre. Queste regole infatti vengono applicate in Cina per tutti i viaggiatori per 365 giorni all’anno.
Applicando la censura di sempre, sarà proibita l’entrata di testi del Falun Gong, che la Cina definisce “un culto malvagio” fuorilegge; vietata la distribuzione di bibbie o libri religiosi; perseguita ogni attività a sostegno del Tibet e del Dalai Lama e ogni raduno con fedeli di comunità sotterranee.
Il portavoce del Ministero degli esteri ha difeso la politica religiosa della Cina affermando che per le Olimpiadi ad ogni visitatore o atleta sarà lecito portare la Bibbia o altri oggetti religiosi, ma solo “per motivi personali”. La Bibbia in Cina sta diventando un bestseller. In passato, scrive il Times on line, era vietato agli stranieri importare nel paese il libro sacro, ma da non molto l'unica casa editrice cinese autorizzata a stamparla, la Amity Printing, non riesce a stare dietro alle richieste. All'inizio dell'anno prossimo, aprirà una nuova sede vicino alla città di Nanchino diventando la più grande casa editrice per sole Bibbie del mondo. Nella nuova struttura verranno pubblicate un milione di Bibbie al mese.
Secondo le autorità cinesi la popolazione cristiana in Cina si aggira sui 30 milioni, ma, scrive il Times, la cifra è in difetto in quanto non tiene conto delle decine di milioni di persone che professano il cattolicesimo o il protestantesimo in modo clandestino. Dal 1986 a oggi, la Amity Printing ha pubblicato 50 milioni di bibbie: 41 milioni scritte in cinese e in altre otto lingue minoritarie, mentre il resto è stato esportato in Russia e Africa. Le vendite sono aumentate dalle 505 mila copie del 1988 ai 6 milioni e mezzo di copie del 2005.
Nonostante il dettato costituzionale, in Cina non esiste libertà religiosa: buddhisti, cattolici, protestanti, musulmani, taoisti per restare nella legalità devono aderire alle Associazioni Patriottiche del regime. Mentre contro la setta del Falun Gong o contro la minoranza islamica, la T’ien An men continua a essere durissima, la repressione contro il cristianesimo è oggi meno diretta, più subdola, ma non meno pericolosa. Durante il sanguinario “regno” di Mao Tse-tung c’era solo repressione: i suoi epigoni hanno compreso che le campagne antireligiose sono fallite (secondo le statistiche il 70% dei cinesi si considera “religioso” e pochi si riconoscono nelle Associazioni Patriottiche) e adottano la politica della dissimulazione. Ogni tanto il Governo si ricorda che la legge ateistica è ancora in vigore e qualcuno ci rimette la vita, a cominciare dagli anziani sacerdoti, che a decine periscono di torture e stenti nei Laogai di Stato.
Nella sua Lettera ai cattolici cinesi, Papa Benedetto XVI ha detto ai vertici comunisti che i Cristiani, appena usciti dal secolo del martirio di milioni di fedeli, non accetteranno mai di scendere a compromessi sulla libertà religiosa.

2.12.07

CARITA', SPERANZA, FEDE


Come uomini "abbiamo bisogno delle speranze, piu' piccole o piu' grandi, che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano: questa grande speranza puo' essere solo Dio". Lo scrive il Papa nell'enciclica "Spe Salvi". "Il cielo non e' vuoto": esiste Dio ed esiste il Paradiso, anche se non riusciamo a immaginarceli. Grazie al Vangelo, pero', sappiamo che "la vita non e' un semplice prodotto delle leggi e della casualita' della materia". E dunque "la porta oscura del tempo, del futuro, e' stata spalancata". Questa consapevolezza cambia l'esistenza perche' "chi ha speranza vive diversamente".
Eppure, "molte persone rifiutano la fede semplicemente perche' la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile". "Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra, per questo scopo, piuttosto un ostacolo". E l'ateismo del XIX e del XX secolo e' stato anche "una protesta contro le ingiustizie del mondo e della storia universale". "E' in nome della morale", che si e' contestato Dio: "un mondo, nel quale esiste una tale misura di ingiustizia, di sofferenza degli innocenti e di cinismo del potere, non puo' essere l'opera di un Dio buono". "Che da tale premessa siano conseguite le piu' grandi crudelta' e violazioni della giustizia non e' un caso, ma e' fondato nella falsita' intrinseca di questa pretesa. Un mondo che si deve creare da se' la sua giustizia e' un mondo senza speranza". Con il comunismo, in particolare, "la speranza biblica del regno di Dio e' stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell'uomo, dalla speranza di un mondo migliore che sarebbe il vero regno di Dio".
Ma alla fine il marxismo ha lasciato "dietro di se' una distruzione desolante", sottolinea Benedetto XVI che dedica un lungo paragrafo a quello che definisce "l'errore fondamentale di Marx". "Marx non ha solo mancato di ideare gli ordinamenti necessari per il nuovo mondo, dei quali non doveva piu' esserci bisogno. Il suo errore sta piu' in profondita'. Egli ha dimenticato che l'uomo rimane sempre uomo".
Il cristianesimo invece non ha portato "un messaggio sociale-rivoluzionario", perche' "Gesu' non era un combattente per una liberazione politica ma qualcosa di totalmente diverso". "La fede non e' soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire: ci da' gia' ora qualcosa della realta' attesa, una 'prova' delle cose che ancora non si vedono". "Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realta' futura, e cosi' le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future".

1.12.07

LA GLOBALIZZAZIONE NON E' UN PATTO COL DIAVOLO


Secondo Thomas L. Friedman le vicende del mondo attuale sono la combinazione di processi diversi che hanno radici profonde e sviluppi recenti e la globalizzazione è l’elemento di novità: una realtà composta non solo da microchip e mercati ma anche da uomini e donne con costumi, tradizioni, desideri e aspirazioni imprevedibili.
Cosi’, oggi, gli affari mondiali possono essere spiegati come un’interazione tra ciò che è nuovo, come un sito Internet, e ciò che è antico, come un contorto albero di ulivo sulle rive del Giordano.
Le riflessioni di Friedman partono dal fatto che, mentre i giapponesi costruiscono le più lussuose auto in una fabbrica completamente automatizzata, a Beirut e a Gerusalemme la gente continua a combattere per stabilire a chi appartiene un albero di ulivo.
La Lexus e l’ulivo possono cosi’ essere considerati il simbolo del nuovo sistema: una metà del mondo era uscita dalla guerra fredda con l’intento di costruire automobili migliori, dedicandosi alla modernizzazione, alla fluidificazione e alla privatizzazione dei sistemi economici, per continuare a prosperare anche nell’era della globalizzazione; l’altra metà, a volte l’altra metà del medesimo paese o della medesima persona, era ancora impegnata nella lotta per il controllo di questo o quell’albero di ulivo.
Gli ulivi sono importanti: rappresentano ciò che ci radica, ci lega, ci identifica e ci colloca in questo mondo; rappresentano famiglia, comunità, tribù, nazione, religione, o, nella maggior parte dei casi, un luogo che chiamiamo casa. L’ulivo è ciò che ci dà il calore della famiglia, la gioia dell’individualità, l’intimità dei riti personali, la profondità dei rapporti personali, la fiducia e la sicurezza per metterci in gioco e affrontare il mondo. Ma, se gli ulivi sono necessari per il nostro essere, l’attaccamento al nostro ulivo, quando portato all’eccesso, può condurre alla creazione di identità, legami e comunità basate sull’esclusione degli altri.
La Lexus rappresenta un altro antico impulso umano cosi’ come si manifesta nell’attuale sistema della globalizzazione. La Lexus rappresenta i fiorenti mercati globali, le istituzioni finanziarie, le tecnologie informatiche con cui si persegue il miglioramento del livello di vita.
Come si può sostenere che la globalizzazione sia un fenomeno globale quando la stragrande maggioranza non ha mai fatto una telefonata, toccato un computer e inviato un messaggio e-mail? Vero è che la globalizzazione, ancora oggi, non è globale, nel senso che siamo ancora molto lontani da una realtà in cui tutti sono on-line (anche se, ogni giorno, si affacciano su Internet 300.000 nuovi utenti).
Ma è anche vero che quasi tutti, ai nostri giorni, avvertono le pressioni, i vincoli e le opportunità della comunicazione, della finanza e dell’informazione, che sono al centro del processo di globalizzazione. La globalizzazione agisce positivamente sui temi della trasparenza, della corruzione, della stampa libera e della democratizzazione.
La globalizzazione infatti richiede prima di tutto la trasparenza dei mercati per rendere possibili investimenti consistenti, abbassa poi la soglia di tolleranza verso la corruzione perché la corruzione rappresenta un elemento imprevedibile all’andamento dei mercati, allarga la portata e la possibilità di informazione anche in paesi chiusi come la Cina ed infine diffonde processi di democratizzazione.
La globalizzazione non è solo un trend passeggero ma è un autentico nuovo sistema internazionale che, nei suoi risvolti politici ed economici ha definitivamente rimpiazzato gli equilibri mondiali della guerra fredda, contribuendo a forgiare il presente e il futuro del pianeta e di chi lo abita.

Secondo Joseph E. Stiglitz, per gran parte dei Paesi del mondo, la globalizzazione, per come è stata gestita, assomiglia a un patto col diavolo. In ogni Paese, c'è qualcuno che si arricchisce; le statistiche sul Pil, per quello che valgono, presentano risultati migliori , ma il tenore di vita generale e i valori fondamentali sono messi in pericolo. In alcune parti del mondo, i guadagni sono ancora più impalpabili, e i costi più evidenti. La maggiore integrazione nell'economia globale ha portato a un aumento della volatilità e dell'insicurezza, e a una maggiore disuguaglianza, arrivando addirittura a minacciare i valori fondamentali. Non è giusto che le cose vadano in questo modo. Noi possiamo fare in modo che la globalizzazione funzioni, non solo per i ricchi e i potenti, ma per tutti, anche coloro che vivono nei Paesi più poveri. Il compito è arduo, e richiederà tempo. Abbiamo già aspettato troppo: è arrivato il momento di darsi da fare.
Il libero mercato spesso, non solo non porta alla giustizia sociale, ma addirittura non porta neanche a dei risultati efficienti. Stranamente, non c’è stata nessuna sfida intellettuale volta a confutare la mano invisibile di Adam Smith: gli individui e le imprese, nel perseguire il loro proprio interesse, non sono necessariamente, o in generale, guidati come da una mano invisibile, alla efficienza economica. L’unica domanda che è stata posta concerne l’abilità del governo a rimediare alle inefficienze del mercato. Sempre di più, l’impiego a vita sarà una cosa del passato. La gente dovrà spostarsi da un impiego all’altro durante la propria vita lavorativa. Una delle maggiori sfide del nostro sistema scolastico sarà preparare le nuove generazioni a questa transizione ed una delle sfide del nostro sistema sociale sarà rendere questa transizione il più facile possibile per la gente. Ci sarà più precarietà rispetto al passato, più rischi, ma possiamo ridurre le conseguenze sociali. La globalizzazione è stata usata come una scusa per indebolire la protezione sociale. Piuttosto, il fatto che l’occupazione sta diventando sempre più precaria è un motivo per rafforzare la protezione sociale. Certamente, dobbiamo impegnarci a rendere questa protezione più funzionale e qualche volta, nel passato, non lo è stata, ma questa non può essere una giustificazione per sbarazzarsi della protezione sociale.

La necessità, individuata da Friedman, è quella di trovare un equilibrio tra la promessa di benessere enunciata dalla globalizzazione e il valore inalienabile delle differenze.
Friedman, non celebra quindi un trionfo epocale della globalizzazione sulle disuguaglianze e sulla povertà ma riscontra in tale fenomeno le tendenze positive di un processo che deve ancora completamente compiersi.