28.4.08

LA PATERNITA' MINACCIATA


In genere, sono le donne che vogliono essere madri, perché la maternità è un bisogno molto radicato, nei desideri inconsci, nel corpo, nelle radici biologiche dell’umano, e in genere invece sono i padri a sottrarsi. C’è difatti un’analisi del fenomeno dei “Peter Pan”, uomini che non vogliono crescere, che hanno difficoltà ad assumersi la responsabilità paterna. C’è un modello maschile che è cambiato moltissimo, c’è ormai l’idea che si è uomini quando si è machi, quando si è seduttori, non c’è più quell’idea di virilità protettiva, di assunzione del proprio ruolo, che era tipica del modello maschile fino a cinquant’anni fa. Quel modello di paternità responsabile si è distrutto, e non è stato sostituito da un modello altrettanto forte. La paternità è sempre stata più aleatoria, un sentimento meno profondamente radicato nel corpo, che ha bisogno del rapporto con la donna per costituirsi pienamente. La causa non è il femminismo, anzi, forse c’è troppo poco femminismo, perché attraverso il femminismo noi valorizziamo il materno, e attraverso il materno si rafforza la paternità. C’è invece una pressione diversa, di tipo sociale, a considerare il proprio progetto di vita in maniera esclusivamente individuale, partendo da una realizzazione dei desideri immediata, cioè un consumo del desiderio, un consumo del presente, e non una progettazione del futuro, e non un’assunzione di ruolo responsabile. E credo sia piuttosto questo a minacciare la paternità.

27.4.08

LE DONNE NON SONO LIBERE DI ESSERE MADRI


C’è una pressione sociale a non riprodursi. Le donne dovrebbero rivendicare la libertà (perché non si tratta di “diritto” ma di “libertà”, né fare un figlio né non farlo riguarda la sfera del diritto) di fare figli in un mondo che, in ogni modo, tenta di ostacolare la maternità. Ad esempio, in Italia essere madre è difficile perché ci sono dei motivi sociali che rendono difficile questa “occupazione”. Avere un figlio riduce il reddito familiare del 20 per cento, il lavoro femminile non è “flessibile”, nel senso che la madre fatica a conciliare orari di lavoro e tempo di cura. Le italiane, rispetto alla media europea, sono le donne meno supportate dai propri compagni e mariti. Non c’è bisogno di chiedere un diritto a non fare figli, credo che questo sia un diritto largamente assicurato: l’Europa ancora preme per aumentare la diffusione dei contraccettivi, per rendere più diffuso l’accesso all’aborto, come se il problema fosse un eccesso di natalità, mentre vediamo che, nel nostro paese in particolare e in tutta l’Europa in generale, si ha un tasso di natalità veramente scoraggiante. Secondo i dati statistici il desiderio di maternità in Italia è inalterato da trent’anni, cioè le donne italiane desiderano essere madri esattamente come trent’anni fa, quindi è evidente che c’è un problema di cui la politica dovrebbe farsi carico. Le donne non sono libere di essere madri. Perché un figlio è diventato un lusso privato. È qualcosa che non riguarda la società, è diventato un “diritto privato”, qualcosa che attiene solo a una realizzazione personale e non a un benessere comune. Ma una società che non fa figli è una società di sofferenza, in disagio, una società che non si proietta verso il futuro. (Eugenia Roccella)

26.4.08

IL DECLINO DELLA FERTILITA'




Il fenomeno del declino della fertilità è comune a quasi tutti i paesi industrializzati, ma in nessuno di essi ha avuto un'evoluzione così marcata come in Italia. Il tasso di fertilità nei 15 paesi dell'Unione Europea fra il 1960 e il 2007 è sceso da 2,59 a 1,50 figli per donna, mentre in Italia si è quasi dimezzato (dal 2,41 all'1,29).
"Il calo delle nascite in Italia è un dato evidente, complice anche un'evoluzione della società che ha spostato in avanti, circa 35 anni l'età media delle donne che scelgono di diventare madri. Le difficoltà a rimanere incinta, quindi, aumentano e l'introduzione della Legge 40 non ha migliorato la situazione".
"In soli 4 anni, dall'entrata in vigore della Legge, le nascite sono diminuite del 2,78%. Per non parlare delle altre gravi conseguenze: è quadruplicato il numero delle coppie che, con la speranza di concepire un figlio, si sono recate all'estero (+200%) e le gravidanze multiple sono passate da un 16% ad un 23%, con conseguenti rischi per la salute dei feti, che possono portare alla morte neonatale per prematurità".
Cala così il numero di nascite in Italia (519.731 nel 2004 e 505.202 nel 2007, ben 14.528 nati, 2,79%, in meno) mentre quello dei nati stranieri registra un fortissimo incremento (da 48.925 nel 2004 a 57.925 nel 2007 con un saldo di +8840 nati, ben il 15,3% in più in soli 3 anni).

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 6 of 6

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 5 of 6

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 4 of 6

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 3 of 6

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 2 of 6

"The Man Who Was Thursday" by The Mercury Theatre, 1 of 6

25.4.08

FILM OF G.K. CHESTERTON AT WORCESTER COLLEGE

INCONTRO, CONOSCENZA, TESTIMONIANZA




Osserviamo con ansia che la nozione di libertà viene distorta. La libertà non è facoltà di disimpegno da; è facoltà di impegno per – una partecipazione all’Essere stesso. Di conseguenza, l’autentica libertà non può mai essere raggiunta nell’allontanamento da Dio. Una simile scelta significherebbe trascurare la genuina verità di cui abbisogniamo per capire noi stessi. Solo nella fede la verità può farsi incarnata e la ragione veramente umana, capace di dirigere la volontà lungo il sentiero della libertà (cfr Spe salvi, 23). La missione, primaria nella Chiesa, di evangelizzare, nella quale le istituzioni educative giocano un ruolo cruciale, è in consonanza con l’aspirazione fondamentale della nazione di sviluppare una società veramente degna della dignità della persona umana. A volte, tuttavia, il valore del contributo della Chiesa al forum pubblico è posto in questione. E’ perciò importante ricordare che la verità della fede e quella della ragione non si contraddicono mai tra loro (cfr Concilio Ecumenico Vaticano I, Costituzione dogmatica sulla Fede cattolica Dei Filius, IV: DS 3017; S.Agostino, Contra Academicos, III, 20,43). La missione della Chiesa, di fatto, la coinvolge nella lotta che l’umanità sostiene per raggiungere la verità. Nell’esprimere la verità rivelata essa serve tutti i membri della società purificando la ragione, assicurando che essa rimanga aperta alla considerazione delle verità ultime. Attingendo alla divina sapienza, essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell’etica umana, e ricorda a tutti i gruppi nella società che non è la prassi a creare la verità ma è la verità che deve servire come base della prassi. Lungi dal minacciare la tolleranza della legittima diversità, un simile contributo illumina la verità stessa che rende raggiungibile il consenso, ed aiuta a mantenere ragionevole, onesto ed affidabile il pubblico dibattito. Similmente la Chiesa mai si stanca di sostenere le categorie morali essenziali del giusto e dell’ingiusto, senza le quali la speranza può solo appassire, aprendo la strada a freddi calcoli pragmatici utilitaristici che riducono la persona a poco più di una pedina su di un’ideale scacchiera. (dal discorso di BENEDETTO XVI all'Università cattolica d'america, Washington 17 aprile 2008)

20.4.08

LA CATTEDRALE GOTICA DI SAINT PATRICK




Sono particolarmente lieto che ci siamo radunati nella cattedrale di san Patrizio. Forse più di ogni altra chiesa negli Stati Uniti, questo luogo è conosciuto ed amato come “una casa di preghiera per tutti i popoli”. Vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima struttura, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.
Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente.
Non è un compito facile in un mondo che può essere incline a guardare la Chiesa, come quelle finestre istoriate, “dal di fuori”: un mondo che sente profondamente un bisogno di spiritualità, ma trova difficile “entrare nel” mistero della Chiesa. Anche per qualcuno di noi all’interno, la luce della fede può essere attenuata dalla routine e lo splendore della Chiesa essere offuscato dai peccati e dalle debolezze dei suoi membri. L’offuscamento può derivare anche dagli ostacoli incontrati in una società che a volte sembra aver dimenticato Dio ed irritarsi di fronte alle richieste più elementari della morale cristiana. Non è sempre facile vedere la luce dello Spirito intorno a noi, lo splendore del Signore risorto che illumina la nostra vita ed infonde nuova speranza nella sua vittoria sul mondo (cfr Gv 16,33).
Ciò mi conduce ad un'altra riflessione sull’architettura di questa chiesa. Come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione. Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio? Ciò richiede, come sappiamo, una continua conversione e l’impegno di “rinnovarci nello spirito della nostra mente” (cfr Ef 4,23), per acquistare una mentalità nuova e spirituale. Esige anche lo sviluppo di quelle virtù che mettono ciascuno di noi in grado di crescere in santità e di portare frutti spirituali nel proprio stato di vita. Non è forse questa costante conversione “intellettuale” altrettanto necessaria quanto la conversione “morale” per la nostra crescita nella fede, per il nostro discernimento dei segni dei tempi e per il nostro contributo personale alla vita e la missione della Chiesa?
L’unità di una cattedrale gotica, lo sappiamo, non è l’unità statica di un tempio classico, ma un’unità nata dalla tensione dinamica di forze diverse che spingono l’architettura in alto, orientandola verso il cielo. Anche qui possiamo vedere un simbolo dell’unità della Chiesa che è unità – come san Paolo ci ha detto – di un corpo vivo composto da molte membra diverse, ognuno con il proprio ruolo e la propria determinazione. Anche qui vediamo la necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come “manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Volgiamo dunque il nostro sguardo in alto! Le punte delle torri della cattedrale di san Patrizio vengono di gran lunga superate dai grattacieli del profilo di Manhattan; tuttavia, nel cuore di questa metropoli indaffarata esse sono un segno vivo che ricorda la costante nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio. Dall’omelia di BENEDETTO XVI nella Cattedrale di Saint Patrick, New York - 19 aprile 2008

13.4.08

LA VISITA NEGLI STATI UNITI





IL PUNTO DI EQUILIBRIO


Padre Brown (come Chesterton, del resto) non è e non ama neppure definirsi un "moderno", nel senso in cui questa parola veniva allora usata: cioè come sinonimo di razionalista, meccanicista, scientista, positivista. Egli non è Sherlock Holmes (che pure era amatissimo dall'autore), non risolve i casi criminosi col rigido metodo della deduzione; la sua lente d'ingrandimento non sono gli strumenti della scienza, ma è la sua stessa fede cristiana, il suo cuore radicato nell'ortodossia, in qualcosa di più remoto ma più vivo e fecondo di tutte le manie razionalistiche: «Non la chiamerò la mia filosofia, perché non l'ho fatta io: l'hanno fatta Dio e l'umanità; ed è questa filosofia che ha fatto me». Fiero oppositore di tutte le ideologie ottocentesche e novecentesche (marxismo, idealismo, scientismo, positivismo, ecc...), Chesterton si fece apologeta (anche attraverso Padre Brown) di quella che egli riteneva la "visione più lieta della vita umana", il "punto d'equilibrio" cui l'uomo può appoggiarsi affinché l'esistenza non cada nelle secche del nichilismo e delle "filosofie della disperazione". Alla moderna scienza criminologica, dunque, egli preferisce la dottrina del peccato originale, la sola in grado di rendere conto del cattivo uso del libero arbitrio. Tutti i racconti presenti ne "Il pugnale alato" sottendono la ferma convinzione che il cristianesimo spieghi l'uomo meglio di ogni altro pensiero ed elucubrazione umana. Chesterton diceva che la parzialità delle ideologie moderne avrebbe condotto a immani tragedie per l'umanità (e la storia del Novecento è lì a dargli ragione).

12.4.08

L'UOMO NON E' UN MECCANISMO


Chesterton - come ha notato Giacomo Biffi - «non è cresciuto in una famiglia religiosa e non ha ricevuto una formazione cristiana nel senso preciso del termine. Non è stato preparato alla sua missione apologetica da qualche agguerrita università pontificia. Nessun movimento culturale cattolico l'ha illuminato, nessuna associazione dedita all'apostolato l'ha spronato alla "buona battaglia". Si è fatto da solo. E' semplicemente andato alla scuola della sua schietta umanità e ha ricercato la verità con assoluta onestà intellettuale, usando effettivamente di quella ragione che i razionalisti si limitavano a venerare. Questo è stato sufficiente per condurlo "a casa", cioè all'antica fede e alla saggezza dei padri». Perché l'uomo - ci dice Chesterton - non può essere studiato coi metodi della scienza moderna; analizzatelo al microscopio quanto volete, ma la sua essenza ultima trapassa i freddi schemi della sociologia e antropologia razionaliste. L'anima spirituale che governa l'uomo non è retta innanzitutto da una logica, ma dal paradossale mistero della libertà. L'uomo non è un meccanismo, e la sua esistenza è il continuo accadere di una sorta di "miracolo" posto in essere da qualcun altro.

CHESTERTON: IN DIFESA DELLA FEDE 3

CHESTERTON: IN DIFESA DELLA FEDE 2

CHESTERTON: IN DIFESA DELLA FEDE 1

9.4.08

DEMOCRAZIA


Democracy is not philanthropy; it is not even altruism or social reform. Democracy is not founded on pity for the common man; democracy is founded on reverence for the common man, or, if you will, even on fear of him. It does not champion man because man is so miserable, but because man is so sublime.”
“La democrazia non è filantropia; e nemmeno altruismo o riforma sociale. La democrazia non si fonda sulla commiserazione per l’uomo comune; la democrazia si fonda sul rispetto per l’uomo comune, o, se volete, persino sul timore di esso. Non si fa paladina dell’uomo perchè l’uomo è così miserabile, ma perchè l’uomo è così sublime.” Gilbert Chesterton


5.4.08

CIÒ CHE È ACCADUTO LA NOTTE DI PASQUA È PER LA LIBERTÀ DI TUTTI NOI


Don Vinicio Albanesi, responsabile della comunità di Capodarco, quando c’è da colpire la Chiesa e il Papa non si tira mai indietro. E l’ANSA è sempre lì pronta a raccogliere le sue perle di saggezza. Ebbene, secondo don Albanesi la conversione di Magdi Allam “non aiuta il cristianesimo” e la decisione del Papa di battezzarlo nella notte di Pasqua sarebbe addirittura “un’aggressione”, tanto da fargli sentenziare che “quando il cristianesimo si è aggregato a forze militari ha sempre fallito”. Di quali forze militari vada vaneggiando don Albanesi non è dato sapere. Ma ancora più incredibile è il pensiero (si fa per dire) seguente: “L’islam può essere aggressivo ma il cristianesimo non può rispondere con la stessa arma perché il suo simbolo allora non sarebbe la croce”. Cioè, se le parole hanno un senso, il battesimo di un convertito come Allam, secondo don Albanesi, esprime lo stesso grado di violenza degli attentati di al-Qaeda e delle stragi perpetrate dai kamikaze islamici. Dopodichè possiamo dedurne che le minacce di Bin Laden al Papa siano giustificate.
Evidentemente certi personaggi, insieme all’uso della ragione hanno perso anche il senso del ridicolo, e ogni commento appare dunque superfluo.
Però è giusto almeno ricordare che il “convertito” di cui si parla, additato come un provocatore, vive da cinque anni sotto scorta proprio per aver creduto nella possibilità di un islam moderato, cosa che gli ha attirato diverse condanne a morte da parte di religiosi islamici. Ed è ben consapevole che quest’ultimo passo potrebbe costargli molto caro. Se qualche fervente islamico decidesse di attuare le fatwe lanciate contro Magdi Allam, i nostri illustri pensatori tirerebbero un sospiro di sollievo e l’anonimo-prete-sulla-frontiera-dell’islam vedrebbe così scongiurata una guerra di religione. Tutti insieme poi direbbero che in fondo se l’è cercata. (Il timone)

4.4.08

L'ORIZZONTE DELLA LIBERTÀ


«La libertà non è un valore esclusivamente nostro, né un regalo dell'America al mondo: è un dono di Dio a tutta l'umanità». Questa affermazione non è un credo irrazionale, ma è basata su dati sperimentali: le società più prospere sono quelle libere, le società più pacifiche sono sempre quelle libere, dove due democrazie liberali confinano, su quel confine transitano merci e persone, non i cannoni, come ricordava anche il liberale classico Frédéric Bastiat un secolo e mezzo fa. Bush non esita a ricordare tutto questo alla sua platea, non ha paura di parlare di principii che qui nel Vecchio Continente sono considerati squalificanti: «Sia io che voi sappiamo che la libertà ha il potere di cambiare la vita dell'uomo. Sia io che voi sappiamo che le società libere sono più prospere e pacifiche... La libertà può trasformare le società. La libertà può trasformare i nemici in futuri alleati. E un giorno, se gli Stati Uniti terranno duro e continueranno ad essere ottimisti, un presidente sarà in grado di dire: "Ho condiviso lo stesso tavolo con i leader delle nazioni musulmane e tutti volevamo difendere la pace, esportare la libertà e rendere sicura l'America». Come è avvenuto con la Germania e con il Giappone, d'altra parte.
L'11 settembre è arrivato il momento in cui abbiamo provato sulla nostra pelle che la mancanza di libertà nel Medioriente mina direttamente la nostra sicurezza, in casa nostra. Diciannove uomini hanno ucciso 3000 persone perché qualcuno li ha convinti che stavano agendo nel nome di Dio. Ma gli assassini non erano strumenti di un potere divino, erano strumenti del male. E abbiamo già visto agire gente del loro genere. Dobbiamo ricordare che lo sterminio degli ebrei nei campi nazisti era il male. Che i crimini di Pol Pot erano il male. E che il genocidio in Ruanda fu commesso perché il cuore della gente era stato corrotto. Questo è il nemico che deve essere combattuto, questo è il nemico che deve essere sconfitto». Nonostante l'assordante coro di voci contrarie al conflitto, il presidente non ha dubbi nel sostenere ancora l'impegno militare: «Siamo impegnati in una guerra ideologica in cui i due principali teatri di operazione sono l'Afghanistan e l'Iraq. Alcuni sembrano credere che una delle due guerre sia necessaria e l'altra sbagliata. Sappiano che il nostro nemico sta combattendo tenacemente entrambi i conflitti per prendere il potere e imporre la sua brutale visione del mondo. I due teatri di guerra sono parte dello stesso conflitto, della stessa causa, della stessa lotta. Ed è per questo che la nostra vittoria è fondamentale».
(George W. Bush alla convention delle Emittenti Religiose a Nashville)