28.9.08

IL CRISTIANESIMO

27.9.08

LA PIETA' DI MICHELANGELO



22.9.08

LA COSTRUZIONE EUROPEA


Vi è una derivazione concettuale tra la disinvolta pratica del relativismo, gli eccessi antireligiosi e anticristiani e la regressione culturale ed etica delle società. E non si vede, a questo punto, chi avrebbe interesse a nascondersi tale nesso: non certo coloro che, abbandonando saccenteria ed arroganza, vogliono superare la situazione di stallo in cui si trova la costruzione europea e intendono effettivamente radicare l’Europa nella coscienza dei popoli, così che − fiorendo − dia legittimità morale a carte e trattati, e procuri un orizzonte di senso ad una legislazione comunitaria che non si contrapponga artificiosamente alle tradizioni e alle culture delle nazioni, ma sia con queste in un rapporto di intelligente sussidiarietà. Osservava, nel suo recente viaggio in Francia, Benedetto XVI: «Quando il cittadino europeo vedrà e sperimenterà personalmente che i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all’educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi, quando dunque il cittadino europeo si renderà conto che questi diritti, che costituiscono un tutto indissolubile, sono promossi e rispettati, allora comprenderà pienamente la grandezza dell’edificio dell’Unione e ne diverrà un attivo artefice» (Discorso all’Eliseo, 12 settembre 2008).”

22 settembre 2008
Dal discorso del presidente della Cei Angelo Bagnasco ai vescovi italiani

20.9.08

IL DIALOGO NON E’ FINE A SE STESSO


L’integrazione del cristianesimo e il radicamento di esso nelle varie culture, si confronta, nei Paesi di missione con tre urgenze fondamentali: il dialogo con la modernità, il confronto con la globalizzazione, le sfide sempre nuove dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. «La Chiesa non fa il dialogo per il dialogo. Esso non può mai diventare “fine a se stesso”. Se così fosse finirebbe per prendere il posto dell’evangelizzazione e questa si ritroverebbe impoverita e svuotata del proprio contenuto». «In fondo il dialogo, che è la via della missione, è rispetto per gli altri, ma anche per se stessi», ha sottolineato il card. Sepe, non nascondendosi i pericoli di un sincretismo sempre in agguato: «Entrare in dialogo non significa mettere da parte le proprie convinzioni religiose. Anzi, la sua sincerità richiede che si entri in esso con l’integralità della propria fede». E con una testimonianza che è di esempio e speranza per tutti, come avviene ancora in tante parti della terra dove, ogni anno, «tra i 100 e 200.000 confessori della fede - vescovi e semplici sacerdoti, suore e laici, vengono discriminati, perseguitati, offesi. Fino ad essere, a volte, ridotti al silenzio e portati al martirio».

17.9.08

QUAERERE DEUM


Nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi, i monasteri erano i luoghi in cui sopravvivevano i tesori della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva formata passo passo una nuova cultura. Quale era la motivazione delle persone che in questi luoghi si riunivano? Non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile. Si dice che erano orientati in modo “escatologico”. Ma ciò non è da intendere in senso cronologico, come se guardassero verso la fine del mondo o verso la propria morte, ma in un senso esistenziale: dietro le cose provvisorie cercavano il definitivo. Quaerere Deum: poiché erano cristiani, questa non era una spedizione in un deserto senza strade, una ricerca verso il buio assoluto. Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso, anzi, aveva spianato una via, e il compito consisteva nel trovarla e seguirla. Questa via era la sua Parola che, nei libri delle Sacre Scritture, era aperta davanti agli uomini.

12.9.08

LA GRANDE TRANSIZIONE




“La più grande transizione della Storia. I ritmi di cambiamento, millenari fino all'Illuminismo, poi centenari, sono ora mensili. Dai fratelli Wright (1903) alla Luna, da Gutemberg al WEB, da Pasteur ai trapianti, agli antibiotici al DNA, dai Curie alle centrali nucleari, dalla macchina a vapore ai Robots, da Meucci ai cellulari satellitari, dalle sottane alle minigonne di Mary Quant, dai Fratelli Lumiere alla TV. L'umanità è attonita, è nel guado della Storia. Non perdiamoci di vista”
E ‘ indubbio che il mondo avrà sempre meno bisogno di forza lavoro. L'innovazione tecnologica sostituisce il lavoro umano con le macchine in quasi tutti i settori e i comparti dell'economia globale.
Jeremy Rifkin [La fine del lavoro – ed. Mondadori] dichiara: «Quando parlo di "fine del lavoro" mi riferisco alla fine di un lavoro regolarizzato, con tutti i benefici e soprattutto le garanzie a cui eravamo abituati. Alcuni mestieri, poi, sono destinati a scomparire. E' toccato per primi agli agricoltori, poi agli operai. Ma anche commessi, segretarie, impiegati di banca, quadri e dirigenti di medio livello sono in via d'estinzione».
Egli prevede che: «Il mondo si polarizzerà in due forze difficilmente conciliabili. Da una parte un'élite di tecnocrati, dall'altra una massa crescente di disoccupati, per altro visibile, visto che oggi i senza lavoro sono già un miliardo. In mezzo la fetta più grossa, formata da sottoccupati e lavoratori part-time».
«All'interno di questa rivoluzione tecnologica vedo buone prospettive per chi lavora o intende lavorare nel settore della conoscenza (Rifkin lo chiama "Knowledge sector"). Ma i posti offerti da quest'area saranno infinitamente minori rispetto a quelli espulsi dai settori manifatturiero e dei servizi».
Nel prossimo futuro il lavoro sarà caratterizzato da: un mercato composto da lavoratori d'élite; la Pubblica Amministrazione con sempre meno colletti bianchi; il Terzo settore con ruolo di soggetto politico; la criminalità organizzata, che in molti Paesi rappresenta ormai il più grande produttore di lavoro e il maggior datore di lavoro.
L’automazione esalterà in particolare le facoltà umane a sfondo intellettivo e creativo. La svalutazione del lavoro fisico e delle mansioni a contenuti ripetitivi innalzerà i valori della conoscenza e dell’inventiva. Il tempo da dedicare allo studio ed alla formazione si dilaterà a livelli dominanti.
Il modello formativo prevederà una percentuale altissima del tempo dedicata alla formazione per un’operatività di limitatissima durata e, spesso, solo potenziale. Ad una minoranza umana molto esigua “digitalizzata” si contrappone drammaticamente, una maggioranza oceanica di esclusi dalle vecchie e nuove conoscenze su cui imperversano la fame, le malattie, le guerre.
I mega-problemi riguarderanno l’occupazione, la ridistribuzione della ricchezza, il tempo libero. Essi riguarderanno, direttamente, miliardi di uomini e indirettamente l’umanità intera.
Invece di affrontare le sfide che si prospettano per il futuro, l’umanità è alle prese con fenomeni irrazionali quali il terrorismo, gli scontri religiosi ed etnico-razziali.

10.9.08

LA CHIESA, UN POPOLO CHE SI FA STORIA


Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale italiana, ha mostrato nel suo intervento, intitolato «La Chiesa, un popolo che si fa storia», come l'intuizione di don Giussani esprima non soltanto il punto di vista di Comunione e Liberazione, ma si radichi nell'essenza stessa del cristianesimo. Bagnasco non nomina mai don Giussani né Cl, non fa alcuna apologia né concessione alla retorica. Ma si capisce che la sua lezione punta a mettere in rilievo il fatto che quello che don Giussani ha testimoniato e insegnato non è cosa per pochi, ma per tutti. Lo si vede in tre passaggi decisivi del discorso del cardinale, che riprendono tre «cavalli di battaglia» di don Giussani:
1 - Il cristianesimo non è «una sorta di gnosi, di conoscenza misterica per pochi iniziati». E' invece «la conseguenza di un incontro decisivo che cambia la vita del credente. E' il frutto di un'amicizia personale con Cristo, un'amicizia che si rinnova ogni giorno; credere non significa aderire ad una dottrina, ma vivere riferiti a Lui».
2 - Il cristiano è ontologicamente, in forza di questo incontro, «sale della terra» e «luce del mondo». L'immagine del sale «suggerisce l'incarnazione nel mondo», mentre quella della luce «suggerisce la visibilità della presenza cristiana». E oggi è ancora vero quello che il fondatore di Cl intuì sin dagli anni '50. Dice Bagnasco: «Oggi, come in altri periodi della storia, si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa. Il culto e la carità sono apprezzati anche dalla mentalità laicista: in fondo - si pensa - la preghiera non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti. In altri termini, si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendone la possibilità nel privato. A tutti si riconosce come sacra la libertà di coscienza, ma dai cattolici a volte si pretende che essi prescindano dalla fede che forma la loro coscienza».
3 - E se, da un lato, spesso è negato ai cristiani il diritto a manifestare liberamente e integralmente la propria fede (vediamo che cosa sta accadendo in India in questi giorni), dall'altro essi devono pure farsi carico, soprattutto in questo frangente storico caratterizzato dal predominio del relativismo, della «difesa della ragione». Dichiara il cardinale: «Affermare l'efficacia della ragione non è totalmente altro dall'annuncio evangelico; non significa diminuire il Vangelo per impicciarsi di argomenti di competenza altrui. E' intrinsecamente connesso: fede e ragione si richiamano a vicenda, sono implicati reciprocamente nell'unità della persona». Per questo «certi valori - come nel campo della vita umana e della famiglia, della concezione della persona, della libertà e dello Stato - anche se sono illuminati dalla fede, sono innanzitutto bagaglio della buona ragione».
Tutto l'intervento di Bagnasco ruota, insomma, attorno al cuore dell'annuncio cristiano, lo stesso che don Giussani, nei suoi lunghi anni di presenza nella Chiesa e nella società, ha testimoniato senza posa:
il cristianesimo è vita e storia, è la pienezza dell'umano che si realizza in un popolo, la comunione tra coloro che, nell'incontro con Cristo, hanno ritrovato a un tempo se stessi e la verità del mondo.

9.9.08

BIG ASTEROID IMPACT

è solo una simulazione con effetti speciali della caduta di un asteroide sul nostro pianeta


4.9.08

LA RADICE PSICOLOGICA DEL TOTALITARISMO


Vi sono delle persone che vi raccontano i loro sogni, i loro ideali, i loro programmi, le mete, gli obiettivi che vogliono raggiungere, le cose che stanno facendo. E il loro volto si illumina facendovi partecipare del loro entusiasmo, della loro voglia di creare. Vi sono invece persone che vedono solo gli aspetti oscuri e negativi del mondo. Severi e indignati denunciano e condannano dovunque soprusi, malvagità, corruzione e complotti. I primi ci ricordano un architetto che illustra un suo progetto, gli altri un inquisitore che elenca le iniquità degli eretici.
In politica gli accusatori sono spesso acclamati e seguiti perché danno sfogo al malcontento popolare, alla voglia di vendetta e coltivano l'illusione secondo cui tutti i guai e i problemi del mondo sono il frutto dell'opera di alcuni nemici, tolti di mezzo i quali tutto si metterà a funzionare a meraviglia. Alimentano la credenza illusoria che l'uomo sia buono per natura e che per fare il bene non è necessario inventare, lavorare, costruire, ma basta distruggere il nemico.
E' così che la fantasia popolare immagina i rivoluzionari, coloro che cambiano il mondo. In realtà le più grandi trasformazioni, le più importanti scoperte scientifiche sono state fatte da persone che non hanno perso tempo a criticare o condannare le idee degli altri, ma hanno costruito una loro teoria originale. Keplero non ha mai criticato o insultato i suoi colleghi convinti che le orbite dei pianeti fossero dei cerchi, ha rifatto i conti ed ha dimostrato che sono delle ellissi. Da allora la questione è stata risolta per sempre. Ma c'è un altro motivo per diffidare dei critici-critici e degli inquisitori. Coloro che si pongono delle mete concrete, dei compiti definiti, che fanno dei programmi precisi, quando riescono a realizzarli sono lieti, appagati. Finita una cosa passano ad un'altra e lasciano dietro di sé progresso e benessere. Invece
gli inquisitori che vogliono purificare il mondo dal male non possono essere mai sazi perche il male del mondo è infinito e, per eliminarlo, dovrebbero avere il potere totale. L'inquisitore, il critico-critico, poiché non vuol raggiungere qualcosa di concreto e di limitato sembra non voglia nulla, ma in realtà vuole tutto. La sua negazione del male nasconde un’infinita volontà di potenza. E' questa la radice psicologica del totalitarismo. E quando vanno al potere essi infatti agiscono in modo totalitario.