7 NOVEMBRE
7
novembre, anniversario dell’inizio di un regime «sconosciuto all’umanità»,
perché prima di esso, come scrive il grandissimo storico ex comunista François
Furet, «nessuno Stato al mondo s’è mai dato l’obiettivo di uccidere i propri
cittadini o di asservirli», come invece ha fatto per settant’anni l’URSS.
Nessuno Stato al mondo prima aveva recintato il proprio territorio ed i propri
domini non per impedire invasioni, ma per impedire evasioni, così costituendosi
come «prigione dei popoli» (secondo Alain Besançon, nell’URSS il GULag era il
campo di concentramento a regime duro, il resto del territorio quello a regime
ordinario). Mai prima, sostiene lo storico Bruce Lincoln, «una società […]
aveva ucciso i propri componenti con tanta disinvoltura e per ragioni così
diverse». Tutto questo perché, dice l’oppositore al regime sovietico e
scrittore Vladimir Maksimov, «senza esserne cosciente, l’uomo si era levato,
per la prima volta nella storia, non contro le circostanze sociali, ma contro
se stesso, contro la propria natura». Altro che «generosa utopia»: l’utopia,
proprio in quanto tale, è perversa e nemica dell’uomo, come la storia del
comunismo ha dimostrato e dimostra, se è vero, come è vero, che mentre l’URSS è
finita, ancora in Cina, in Corea del Nord, a Cuba, in Viet Nam, in Birmania, in
Bielorussia, in Venezuela con il «socialismo del XXI secolo, il comunismo
terrorizza, affama, imprigiona, uccide…
<< Home page