8.11.11

7 NOVEMBRE

                             7 novembre, anniversario dell’inizio di un regime «sconosciuto all’umanità», perché prima di esso, come scrive il grandissimo storico ex comunista François Furet, «nessuno Stato al mondo s’è mai dato l’obiettivo di uccidere i propri cittadini o di asservirli», come invece ha fatto per settant’anni l’URSS. Nessuno Stato al mondo prima aveva recintato il proprio territorio ed i propri domini non per impedire invasioni, ma per impedire evasioni, così costituendosi come «prigione dei popoli» (secondo Alain Besançon, nell’URSS il GULag era il campo di concentramento a regime duro, il resto del territorio quello a regime ordinario). Mai prima, sostiene lo storico Bruce Lincoln, «una società […] aveva ucciso i propri componenti con tanta disinvoltura e per ragioni così diverse». Tutto questo perché, dice l’oppositore al regime sovietico e scrittore Vladimir Maksimov, «senza esserne cosciente, l’uomo si era levato, per la prima volta nella storia, non contro le circostanze sociali, ma contro se stesso, contro la propria natura». Altro che «generosa utopia»: l’utopia, proprio in quanto tale, è perversa e nemica dell’uomo, come la storia del comunismo ha dimostrato e dimostra, se è vero, come è vero, che mentre l’URSS è finita, ancora in Cina, in Corea del Nord, a Cuba, in Viet Nam, in Birmania, in Bielorussia, in Venezuela con il «socialismo del XXI secolo, il comunismo terrorizza, affama, imprigiona, uccide…