Il liberalismo deve riconoscersi come una tradizione storica congenere alla tradizione cristiana. In caso contrario, le libertà liberali decadono e decade anche la coesione sociale. Ricordiamoci la domanda di Jefferson: «Si può dire che le libertà di una nazione sono al sicuro se ne viene rimossa l’unica loro base solida, cioè la convinzione che sono un dono di Dio, e che non si possono violare se non provocandone la collera?». I liberali di oggi sono ancora in debito di una risposta convincente diversa da quella di Jefferson. Occorre essere disponibili ad ammettere che può esistere un vero oltre i nostri veri. Sui singoli veri, si può anche ridere, sapendo che sono caduchi, ma sul vero ulteriore, no, perché, per chi lo riconosce, è eterno. Il relativismo ride delle verità non solo perché le considera contingenti, provvisorie, sempre in divenire, ma perché nega che siano verità. Nietzsche, ad esempio, rideva sprezzante delle nostre verità, perché le considerava illusioni: ma morì pazzo e non si sottrasse alla verità clinica. C’è qualcosa anche di personalmente tragico nei relativisti che ridono delle verità e poi sono costretti a subirle.
Lo Stato laico non significa né Stato neutrale né Stato imparziale né Stato privo di valori riguardanti la persona, prima ancora che il cittadino. Se si tolgono questi valori — che sono tipicamente religiosi — si distrugge anche lo Stato laico.
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