5.2.06

Il dovere prioritario di rispettare la vita

La proclamazione del diritto alla vita, che comporta il rispetto per la vita umana in ogni sua fase, è stato affrontato da Benedetto XVI citando due encicliche: l’ Evangelium vitae, di Giovanni Paolo II, definita “un’autentica pietra miliare nel magistero della Chiesa” e la sua Deus caritas est, alla luce della quale ha sottolineato “l’importanza del servizio della carità per il sostegno e la promozione della vita umana. Al riguardo, - ha aggiunto - prima ancora delle iniziative operative, è fondamentale promuovere un giusto atteggiamento verso l’altro: la cultura della vita è in effetti basata sull’attenzione agli altri, senza esclusioni o discriminazioni. Ogni vita umana, in quanto tale merita ed esige di essere sempre difesa e promossa. Sappiamo bene che questa verità rischia di essere spesso contraddetta dall’edonismo diffuso nelle cosiddette società del benessere: la vita viene esaltata finché è piacevole, ma si tende a non rispettarla più quando è malata o menomata. Partendo invece dall’amore profondo per ogni persona, è possibile mettere in atto forme efficaci di servizio alla vita: a quella nascente come a quella segnata dalla marginalità o dalla sofferenza, specialmente nella sua fase terminale”.
Benedetto XVI ha sottolineato che “i vescovi italiani hanno voluto richiamare il dovere prioritario di “rispettare la vita”, trattandosi di un bene “indisponibile”: l’uomo non è il padrone della vita; ne è piuttosto il custode e l’amministratore. Questa verità, che costituisce un punto qualificante della legge naturale, pienamente illuminato dalla rivelazione biblica, si presenta oggi come “segno di contraddizione” rispetto alla mentalità dominante. Constatiamo infatti che, malgrado vi sia in senso generale un’ampia convergenza sul valore della vita, tuttavia quando si arriva a questo punto, cioè alla “disponibilità” della vita, due mentalità si oppongono in maniera inconciliabile. Per esprimerci in termini semplificati, potremmo dire: l’una ritiene che la vita umana sia nelle mani dell’uomo, l’altra riconosce che essa è nelle mani di Dio. La cultura moderna ha legittimamente enfatizzato l’autonomia dell’uomo e delle realtà terrene, sviluppando così una prospettiva cara al Cristianesimo, quella dell’Incarnazione di Dio. Ma, come ha affermato chiaramente il Concilio Vaticano II, se questa autonomia porta a pensare che “le cose create non dipendono da Dio, e che l’uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore”, allora si dà origine a un profondo squilibrio, perché “la creatura senza il Creatore svanisce” (Gaudium et spes, 36)”.(Asianews)