10.2.06

Indifferenza, non credenza e ritorno del sacro

La Chiesa oggi è chiamata a confrontarsi più con l’indifferenza e con la non credenza pratica che non con l’ateismo in regresso nel mondo. L’indifferenza e la non credenza si sviluppano negli ambienti culturali impregnati di secolarismo. Non si tratta più della professione pubblica di ateismo, fatta eccezione per qualche Stato del mondo, ma di una presenza diffusa, quasi onnipresente, nella cultura. Essa è meno visibile, ma più pericolosa, perché la cultura dominante la diffonde in modo subdolo nel subconscio dei credenti, dall’Ovest all’Est dell’Europa, ma anche nelle grandi metropoli dell’Africa, dell’America e dell’Asia: vera malattia dell’anima che induce a vivere «come se Dio non esistesse», è un neopaganesimo che idolatra i beni materiali, i benefici della tecnica e i frutti del potere.
Contemporaneamente, tuttavia, si manifesta ciò che alcuni chiamano «il ritorno del sacro» ma che, in realtà, è una nuova religiosità. Non si tratta di un ritorno alle pratiche religiose tradizionali, ma piuttosto di una ricerca di nuovi modi di vivere e di esprimere la dimensione religiosa inerente al paganesimo. Questo «risveglio spirituale» si accompagna al rifiuto di qualsiasi appartenenza, a vantaggio di un percorso tutto individuale, autonomo e guidato dalla propria soggettività. Questa religiosità istintiva, più emotiva che dottrinale, si esprime senza alcun riferimento a un Dio personale. Dal «Dio sì, Chiesa no» degli anni sessanta, si è passati al «religione sì, Dio no» o persino «religiosità sì, Dio no», di quest’inizio di millennio: essere credenti, senza però aderire al messaggio trasmesso dalla Chiesa. [www.vatican.va].