13.4.08

IL PUNTO DI EQUILIBRIO


Padre Brown (come Chesterton, del resto) non è e non ama neppure definirsi un "moderno", nel senso in cui questa parola veniva allora usata: cioè come sinonimo di razionalista, meccanicista, scientista, positivista. Egli non è Sherlock Holmes (che pure era amatissimo dall'autore), non risolve i casi criminosi col rigido metodo della deduzione; la sua lente d'ingrandimento non sono gli strumenti della scienza, ma è la sua stessa fede cristiana, il suo cuore radicato nell'ortodossia, in qualcosa di più remoto ma più vivo e fecondo di tutte le manie razionalistiche: «Non la chiamerò la mia filosofia, perché non l'ho fatta io: l'hanno fatta Dio e l'umanità; ed è questa filosofia che ha fatto me». Fiero oppositore di tutte le ideologie ottocentesche e novecentesche (marxismo, idealismo, scientismo, positivismo, ecc...), Chesterton si fece apologeta (anche attraverso Padre Brown) di quella che egli riteneva la "visione più lieta della vita umana", il "punto d'equilibrio" cui l'uomo può appoggiarsi affinché l'esistenza non cada nelle secche del nichilismo e delle "filosofie della disperazione". Alla moderna scienza criminologica, dunque, egli preferisce la dottrina del peccato originale, la sola in grado di rendere conto del cattivo uso del libero arbitrio. Tutti i racconti presenti ne "Il pugnale alato" sottendono la ferma convinzione che il cristianesimo spieghi l'uomo meglio di ogni altro pensiero ed elucubrazione umana. Chesterton diceva che la parzialità delle ideologie moderne avrebbe condotto a immani tragedie per l'umanità (e la storia del Novecento è lì a dargli ragione).