4.4.08

L'ORIZZONTE DELLA LIBERTÀ


«La libertà non è un valore esclusivamente nostro, né un regalo dell'America al mondo: è un dono di Dio a tutta l'umanità». Questa affermazione non è un credo irrazionale, ma è basata su dati sperimentali: le società più prospere sono quelle libere, le società più pacifiche sono sempre quelle libere, dove due democrazie liberali confinano, su quel confine transitano merci e persone, non i cannoni, come ricordava anche il liberale classico Frédéric Bastiat un secolo e mezzo fa. Bush non esita a ricordare tutto questo alla sua platea, non ha paura di parlare di principii che qui nel Vecchio Continente sono considerati squalificanti: «Sia io che voi sappiamo che la libertà ha il potere di cambiare la vita dell'uomo. Sia io che voi sappiamo che le società libere sono più prospere e pacifiche... La libertà può trasformare le società. La libertà può trasformare i nemici in futuri alleati. E un giorno, se gli Stati Uniti terranno duro e continueranno ad essere ottimisti, un presidente sarà in grado di dire: "Ho condiviso lo stesso tavolo con i leader delle nazioni musulmane e tutti volevamo difendere la pace, esportare la libertà e rendere sicura l'America». Come è avvenuto con la Germania e con il Giappone, d'altra parte.
L'11 settembre è arrivato il momento in cui abbiamo provato sulla nostra pelle che la mancanza di libertà nel Medioriente mina direttamente la nostra sicurezza, in casa nostra. Diciannove uomini hanno ucciso 3000 persone perché qualcuno li ha convinti che stavano agendo nel nome di Dio. Ma gli assassini non erano strumenti di un potere divino, erano strumenti del male. E abbiamo già visto agire gente del loro genere. Dobbiamo ricordare che lo sterminio degli ebrei nei campi nazisti era il male. Che i crimini di Pol Pot erano il male. E che il genocidio in Ruanda fu commesso perché il cuore della gente era stato corrotto. Questo è il nemico che deve essere combattuto, questo è il nemico che deve essere sconfitto». Nonostante l'assordante coro di voci contrarie al conflitto, il presidente non ha dubbi nel sostenere ancora l'impegno militare: «Siamo impegnati in una guerra ideologica in cui i due principali teatri di operazione sono l'Afghanistan e l'Iraq. Alcuni sembrano credere che una delle due guerre sia necessaria e l'altra sbagliata. Sappiano che il nostro nemico sta combattendo tenacemente entrambi i conflitti per prendere il potere e imporre la sua brutale visione del mondo. I due teatri di guerra sono parte dello stesso conflitto, della stessa causa, della stessa lotta. Ed è per questo che la nostra vittoria è fondamentale».
(George W. Bush alla convention delle Emittenti Religiose a Nashville)