7.1.10

SIAMO FIGLI DEL PENSIERO DEBOLE


Ci troviamo al culmine della diffusione di un fenomeno che appare ormai irrefrenabile: ogni campo del sapere sembra intaccato e affetto da un’epidemia che lascia poche speranze per il nuovo millennio. Si tratta del relativismo, struttura portante del cosiddetto "pensiero debole", che la "modernità" ha inflitto alla nostra civiltà diffondendolo a dimensione planetaria sotto morfologie solo apparentemente cangianti, come indifferentismo, nichilismo, mobilismo, pirronismo, soggettivismo, individualismo, ecc., in campo ontologico, gnoseologico, culturale, etico, terminologico, ...
Si assiste - e spettatori passivi e inermi ci sentiamo tutti - ad un consequenziale e inesorabile indebolimento del piano valoriale e semantico, fonte di una metafisica distorta che - per dirla con le parole di Giovanni Paolo II - consuma il mondo dei valori come "semplici prodotti dell’emotività e la nozione di essere è accantonata per fare spazio alla pura e semplice fattualità".
"La filosofia moderna - scrive Giovanni Paolo II nella sua lettera enciclica Fides et ratio - , dimenticando di orientare la sua indagine sull’essere, ha concentrato la propria ricerca sulla conoscenza umana. Invece di far leva sulla capacità che l’uomo ha di conoscere la verità, ha preferito sottolinearne i limiti e i condizionamenti. Ne sono derivate varie forme di agnosticismo e di relativismo, che hanno portato la ricerca filosofica a smarrirsi nelle sabbie mobili di un generale scetticismo. Di recente, poi, hanno assunto rilievo diverse dottrine che tendono a svalutare perfino quelle verità che l’uomo era certo di aver raggiunto. La legittima pluralità di posizioni ha ceduto il posto a un indifferenziato pluralismo, fondato sull’assunto che tutte le posizioni si equivalgono: è questo uno dei sintomi più diffusi della sfiducia nella verità che è dato verificare nel contesto contemporaneo".
Nonostante "il modernismo sfrenato d’oggi", "l’annuncio nietzschiano che "Dio è morto", Maritain - che definisce "l’uomo come colui che cerca la verità"- ha la forza di gridare: "La ragione è fatta per la verità, per conoscere l’essere"! "Non c’è niente al di sopra della verità"! E tanto più si indebolisce la verità, la "nostalgia dell’assoluto", tanto più si avanza nello spirito di terrestrità, in quella "specie di inginocchiamento davanti al mondo che si manifesta in mille modi".
Una modernità che porta al prassismo e all’efficientismo contemporanei, alla perdita del fondamento. In un’epoca nella quale "ci si accontenta di verità parziali e provvisorie", forzatamente "costretti a costatare la frammentarietà di proposte che elevano l’effimero al rango di valore", ci esorta a "non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca, unite all’audacia di scoprire nuovi percorsi. È la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione".