RELATIVISMO E VERITÀ
La dottrina del cosiddetto relativismo è molto seducente: non esistono verità, ogni ideale si equivale, ognuno ha il diritto di seguirlo senza alcun vincolo. Dal che deriverebbe automaticamente il rispetto assoluto per le idee degli altri, la rinuncia ad ogni tentazione di imporre le proprie con la forza: dialogo e concordia assicurati. Tutto facile, no? La mentalità “relativista” emerge anche nelle discussioni quotidiane: può capitare che chi sostiene con convinzione una tesi, chi parla di “verità”, si senta etichettare pregiudizialmente come "dogmatico" (termine che invece, più propriamente, dovrebbe indicare chi rifiuta di discutere le proprie tesi); o come "intollerante" (termine che dovrebbe, piuttosto, indicare chi pretende di imporre la propria visione, anziché proporla al dibattito comune). Emerge allora una certa carica aggressiva del relativismo, che vuole coprire la sua banalità e superficialità.
Il fatto è che il relativismo è una costruzione astratta, che non dà risposta ai problemi concreti della vita e della convivenza civile.
La tesi per cui unica bussola dell'agire umano - nella sua sfera personale - dovrebbe essere "fa' ciò che desideri", senza nessuna riflessione seria sul bene oggettivo della persona, è una tesi che sembra salvaguardare la libertà individuale, ma non dà risposta al naturale desiderio di felicità e di infinito dell'uomo. “Negare la realtà è un inutile autoinganno” di Giovanni Martino
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