7.4.07

LE RAGIONI DEL SUCCESSO DI BENEDETTO XVI


Benedetto XVI possiede un carisma della parola fuori dal comune: sa comunicare a un tempo in modo semplice e profondo. Semplice, perché riesce a farsi comprendere da chiunque vada ad ascoltarlo e perché riesce a rendere chiaro con poche parole il senso dei suoi discorsi e della sua proposta; profondo, perché introduce chi lo ascolta in un cammino di approfondimento, di scoperta, di ri-meditazione delle sue parole. E' un dono raro, questo. Tanto che lo stile oratorio e di scrittura di Papa Ratzinger, il suo modo di argomentare, viene studiato e proposto come modello nella sua Germania.
Ma c'è una ragione ancor più profonda che spiega il record di presenze stabilito da Benedetto XVI, una ragione che va oltre la forma e lo stile con cui egli sa attrarre a sé milioni di persone. Che cosa va dicendo, da ormai quasi due anni a questa parte, Joseph Ratzinger al nostro tempo, ai cristiani come ai non cristiani? Qual è la sua proposta? A che cosa mirano i suoi discorsi? Lo ha detto lui stesso, neppure troppo velatamente, in molti dei suoi interventi: nel tempo del relativismo dogmatico, in cui niente è più considerato come certo e vero se non una strana «dittatura dell'io e delle sue voglie», in cui «al crescere delle nostre possibilità (tecnologiche e di manipolazione della vita, ndr) non corrisponde un uguale sviluppo della nostra energia morale», in cui la stessa dignità umana e la stessa natura umana vengono minacciate (teoricamente e praticamente) sin nei loro fondamenti, l'uomo non smette di cercare, non smette di avere fame e sete della verità e della certezza, non smette di sentire dentro di sé l'urgenza di un significato, di una risposta alle domande e ai drammi della vita.
Per questo la proposta di Benedetto XVI è, come i suoi discorsi, semplice e profonda, punta a far riscoprire a un tempo gli aspetti essenziali della natura umana e del cristianesimo, per mostrare che fede e ragione non sono in contrasto l'un con l'altra, che ciò che la ragione così intensamente e ardentemente cerca ha trovato, nella storia, una risposta, un compimento, una «incarnazione». Per questo, con tanta insistenza, Papa Ratzinger denuncia i limiti di quella cultura dominante che, prima ancora che rappresentare una minaccia per la fede, è una minaccia per l'uomo e per la sua felicità: riducendo lo spazio e le possibilità della ragione «a ciò che è misurabile e sperimentabile», questa cultura tende a privare l'uomo di ciò che veramente conta, di ciò che veramente può aprirgli le porte del significato, della gioia, dell'eternità. Da qui l'invito ai cristiani di «vivere una fede che proviene dal Logos, dalla Ragione Creatrice, e che perciò è anche aperta a tutto ciò che è veramente razionale», e l'invito ai laici a vivere e a pensare «veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse», perché «il tentativo, portato all'estremo, di plasmare le cose umane facendo a meno di Dio ci conduce sempre di più sull'orlo dell'abisso, verso l'accantonamento totale dell'uomo».
E' in questa proposta che stanno le ragioni del «successo» di Benedetto XVI, spesso ignorato dai media ma non da coloro che, con il cuore semplice e pieno di desiderosa attesa, corrono tutte le domeniche o i mercoledì ad ascoltarlo, a far tesoro delle sue parole, per risentire in esse l'eco viva di una Presenza che sola può colmare quel bruciante desiderio di verità, di felicità, di bellezza che nessun potere umano e nessun dominio tecnico potranno mai estirpare del tutto dal cuore dell'uomo. (Gianteo Bordero – ragionpolitica)