25.3.07

CONTRO IL TOTALITARISMO DELLA DISSOLUZIONE


In un saggio del 1905, intitolato Eretici, Chesterton scriveva: «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto».
Oggi, nel 2007, possiamo ben affermare di vivere non solamente in un contesto anti-cristiano, ma anche anti-ontologico: in effetti, tutto ciò che è naturale, giusto, ordinario, ragionevole, facilmente percepibile, viene misconosciuto, deriso, squalificato, messo alla berlina. Volgendo le spalle a Dio, hanno inteso emancipare l'uomo dalla trascendenza, sottraendogli in realtà il fondamento della sua umanità: il senso del limite, del suo posto nell'ordine naturale.
Contro questo «totalitarismo della dissoluzione» si è recentemente espresso Benedetto XVI richiamando l'urgenza e la necessità di «riflettere sul tema della legge naturale e di ritrovare la sua verità comune a tutti gli uomini... Tale legge a cui accenna anche l'apostolo Paolo, è scritta nel cuore dell'uomo ed è, di conseguenza, anche oggi non semplicemente inaccessibile... Si esprimono, in questi valori, norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno». La legge, in ultima analisi, per essere giusta, deve mostrare di avere colto l'ordine (taxis) delle cose. Un ordine non artificiosamente creato, ma che esiste già nella realtà fisica e soprattutto morale (e che vige a prescindere dal nostro riconoscimento ed assenso).
«La legge naturale è la sorgente da cui scaturiscono, insieme a diritti fondamentali, anche imperativi etici che è doveroso onorare. Nell'attuale etica e filosofia del diritto sono largamente diffusi i postulati del positivismo giuridico. La conseguenza è che la legislazione diventa spesso solo un compromesso tra diversi interessi: si cerca di trasformare in diritti interessi privati o desideri che stridono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale. In questa situazione è opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l'arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica... La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità... Nessuna legge fatta dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare. Dimenticarlo significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli e rendere precario il futuro della società».
Il pensiero moderno, con la sua dittatura del soggettivismo, ha dimostrato drammaticamente i propri limiti, rivelandosi incompatibile con la vera giustizia. (ragionpolitica)