28.7.07

IL BISOGNO DI RICONOSCIMENTO NON È VANITÀ


Noi non possiamo darci valore da soli. Ce lo danno gli altri fin da bambini amandoci, apprezzandoci, dicendoci bravo. In realtà non possiamo dare valore a nulla perché sono gli altri che, con il loro comportamento o le loro parole, ci dicono cosa è buono o cattivo, cosa è desiderabile. Se prendete due fratellini e mettete davanti a loro un qualsiasi oggetto, non appena uno lo prende in mano, l'altro lo vuole anche lui. Ha imparato a desiderarlo dal primo. Esiste poi, in ogni essere umano, una spinta interiore a creare, ad agire, a costruire, cioè a oggettivare tutto ciò che sente e pensa. C'è chi suona uno strumento musicale, chi apre una pizzeria, chi diventa insegnante, chi scrive libri e chi costruisce grattacieli. Sono tutte oggettivazioni del suo spirito: l'uomo si realizza in ciò che fa. Ma quando abbiamo creato una nostra opera, abbiamo anche bisogno di vederla riconosciuta, apprezzata dagli altri. Il musicista la sua musica, l'architetto la sua costruzione, lo scienziato la sua ricerca. Perché nessuno può dirsi bravo da solo. Possiamo costruire, realizzare, fare cose stupende ma, per sapere che valgono, per sapere che abbiamo meritato, bisogna che qualcuno ce lo dica. Il bisogno di riconoscimento non è vanità.
Che cosa avviene allora quando una persona ha dedicato anni e anni a costruire qualcosa di stupendo per la sua comunità, il suo Paese, e non solo nessuno l'apprezza, ma la ostacola e glielo distrugge? Come può conservare la fiducia in se stessa, trovare la forza di vivere e creare? La risposta è una sola: devi ricominciare da capo. Allontanarti dal vecchio mondo, andare in esilio, affrontare la solitudine. E vedere nuova gente, quella che non hai mai frequentato, quella che non conoscevi, che non capivi e di cui magari diffidavi. Avere nuove esperienze, fino a che non cambi interiormente, fino a che non ti importa più nulla di ciò che è accaduto e non scopri nuovi piaceri e nuovi interessi. Finché non ritrovi il gusto di ridere e non torni a vedere il mondo con l'occhio ingenuo, fresco del bambino. Allora ti accorgi che non hai poi perso molto, che ci sono altri modi di vivere ed altre cose da fare e da inventare. Certo è una cosa più facile da fare da giovani e che diventa sempre più difficile da vecchi perché si diventa schiavi delle proprie abitudini e del passato. Ma è l'unica salvezza. Chi si ferma a guardare indietro diventa una statua di sale come è successo — ci racconta la Bibbia — alla moglie di Lot. (Francesco Alberoni – Corsera 09 luglio 2007)