2.7.08

RAPPORTO TRA VANGELO E CULTURA


La persona umana non è mai sola, essa viene plasmata da una comunità, che le offre le forme del pensare, del sentire, dell'agire. Questo insieme di forme di pensare e di rappresentare, che plasma in antecedenza l'essere umano, la chiamiamo cultura. Della cultura fanno parte innanzitutto la lingua comune, poi la costituzione della comunità, quindi lo stato con le sue articolazioni, il diritto, le consuetudini, le concezioni morali, l'arte, le forme del culto, ecc.. Il Vangelo in una certa misura presuppone la cultura, non la sostituisce, ma la plasma. Nel mondo greco al nostro concetto di cultura corrisponde quale termine più adeguato la parola paideia - educazione nel senso più alto, in quanto conduce l'uomo alla vera umanità; i latini hanno espresso la stessa cosa con la parola eruditio: l'uomo viene di-rozzato, viene formato quale vero essere umano. In questo senso il vangelo è per sua natura paideia - cultura, ma in questa educazione dell'uomo si unisce a tutte le forze, che si propongono di configurare l'essere umano come essere comunitario.
Non si tratta quindi in astratto del rapporto fra vangelo e cultura, ma di come si possa rendere comunicabile il vangelo nell'ambito della cultura di oggi. Così occorre almeno in modo molto breve domandarci: cosa è dunque la nostra cultura, che scrive oggi sulla tavola delle nostre anime? Ora, l'Italia con le sue caratteristiche del tutto specifiche fa parte del mondo occidentale e della sua cultura. Questa cultura da una parte è stata edificata dal cristianesimo, ed in Italia questa conformazione attraverso la fede cattolica è senza dubbio ancora sostanzialmente più fortemente operante che in molti altri paesi occidentali. In questo senso il vangelo parla qui non semplicemente in una cornice totalmente estranea.
Questi elementi perduranti di una cultura cristiana non possiamo sottovalutarli e non vogliamo nello zelo del rinnovamento metterli da parte quale ciarpame invecchiato, come è accaduto qui e là nel primo entusiasmo del tempo postconciliare, in cui tutta la cultura cristiana esistente con una singolare frattura temporale fu improvvisamente bollata come pre-conciliare e così etichettata come superata. No, dovremmo essere lieti di queste forme cristiane che danno configurazione alla nostra vita comunitaria, spolverarle e purificarle - laddove è necessario -, ma comunque rafforzarle ed incoraggiarle.
Tuttavia già sempre, anche nel medioevo, questa cultura cristiana era insidiata da elementi non cristiani e anticristiani. A partire dall'illuminismo la cultura dell'occidente si allontana con velocità crescente dai suoi fondamenti cristiani. La dissoluzione della famiglia e del matrimonio, i crescenti attacchi alla vita umana ed alla sua dignità, la riduzione della fede a realtà soggettiva e la conseguente secolarizzazione della coscienza pubblica così come la frammentazione e la relativizzazione dell'ethos ci mostrano questo in modo oltremodo chiaro.
In questo senso la cultura di oggi in Italia ed in forme diverse in tutto il mondo occidentale è anche una cultura lacerata da contraddizioni interne. Esistono modalità di cultura cristiana che si affermano o che nuovamente emergono, esistono in contrasto a queste con crescente forza di diffusione forme che si contrappongono alla paideia cristiana. L'evangelizzazione, che parla a questa cultura, non ha dunque a che fare con un destinatario unitario. Deve esercitare l'arte del discernimento in una realtà contraddittoria e deve trovare anche nelle zone secolarizzate di questa cultura vie, che si lascino aprire alla fede.