L'UOMO ETERNO
«Il barbarismo e la civiltà non sono palcoscenici successivi nel progresso del mondo», afferma, con argomenti dedotti dalle storie dell’Egitto e della Babilonia.
«La più semplice verità sull’uomo, è che egli è un essere veramente strano: strano, quasi, nel senso che è straniero a questa terra. In breve, egli ha più l’aspetto esterno d’uno che venga con altre abitudini da un altro mondo che di uno cresciuto su questo. Ha vantaggi e svantaggi sproporzionati.Non può dormire nella sua pelle; non può affidarsi ai propri istinti. È, insieme, un creatore che muove mani e dita miracoloso, ed una specie di mutilato. È avvolto in bende artificiali che si chiamano vestiti; si appoggia a sostegni artificiali che si chiamano mobili.
Il suo spirito ha le stesse malcerte libertà e le stesse bizzarre limitazioni. Solo, fra tutti gli animali, è scosso dalla benefica follia del riso; quasi egli avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma dell’universo e lo volesse celare all’universo stesso.
Solo, fra gli animali, sente il bisogno di staccare i suoi pensieri dalle profonde realtà del suo essere corporeo; di nasconderli talora come in presenza di più alte possibilità che gli creano il mistero del pudore. Sia che esaltiamo queste cose come naturali all’uomo, sia che le disprezziamo come artificiali e contro natura, esse rimangono nondimeno uniche. È quel che l’istinto popolare riconosce sotto il nome di religione, finché non lo disturbino i pedanti…»
Gilbert Keith Chesterton - L'uomo eterno - Rubbettino Editore, 2008
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