10.9.08

LA CHIESA, UN POPOLO CHE SI FA STORIA


Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale italiana, ha mostrato nel suo intervento, intitolato «La Chiesa, un popolo che si fa storia», come l'intuizione di don Giussani esprima non soltanto il punto di vista di Comunione e Liberazione, ma si radichi nell'essenza stessa del cristianesimo. Bagnasco non nomina mai don Giussani né Cl, non fa alcuna apologia né concessione alla retorica. Ma si capisce che la sua lezione punta a mettere in rilievo il fatto che quello che don Giussani ha testimoniato e insegnato non è cosa per pochi, ma per tutti. Lo si vede in tre passaggi decisivi del discorso del cardinale, che riprendono tre «cavalli di battaglia» di don Giussani:
1 - Il cristianesimo non è «una sorta di gnosi, di conoscenza misterica per pochi iniziati». E' invece «la conseguenza di un incontro decisivo che cambia la vita del credente. E' il frutto di un'amicizia personale con Cristo, un'amicizia che si rinnova ogni giorno; credere non significa aderire ad una dottrina, ma vivere riferiti a Lui».
2 - Il cristiano è ontologicamente, in forza di questo incontro, «sale della terra» e «luce del mondo». L'immagine del sale «suggerisce l'incarnazione nel mondo», mentre quella della luce «suggerisce la visibilità della presenza cristiana». E oggi è ancora vero quello che il fondatore di Cl intuì sin dagli anni '50. Dice Bagnasco: «Oggi, come in altri periodi della storia, si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa. Il culto e la carità sono apprezzati anche dalla mentalità laicista: in fondo - si pensa - la preghiera non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti. In altri termini, si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendone la possibilità nel privato. A tutti si riconosce come sacra la libertà di coscienza, ma dai cattolici a volte si pretende che essi prescindano dalla fede che forma la loro coscienza».
3 - E se, da un lato, spesso è negato ai cristiani il diritto a manifestare liberamente e integralmente la propria fede (vediamo che cosa sta accadendo in India in questi giorni), dall'altro essi devono pure farsi carico, soprattutto in questo frangente storico caratterizzato dal predominio del relativismo, della «difesa della ragione». Dichiara il cardinale: «Affermare l'efficacia della ragione non è totalmente altro dall'annuncio evangelico; non significa diminuire il Vangelo per impicciarsi di argomenti di competenza altrui. E' intrinsecamente connesso: fede e ragione si richiamano a vicenda, sono implicati reciprocamente nell'unità della persona». Per questo «certi valori - come nel campo della vita umana e della famiglia, della concezione della persona, della libertà e dello Stato - anche se sono illuminati dalla fede, sono innanzitutto bagaglio della buona ragione».
Tutto l'intervento di Bagnasco ruota, insomma, attorno al cuore dell'annuncio cristiano, lo stesso che don Giussani, nei suoi lunghi anni di presenza nella Chiesa e nella società, ha testimoniato senza posa:
il cristianesimo è vita e storia, è la pienezza dell'umano che si realizza in un popolo, la comunione tra coloro che, nell'incontro con Cristo, hanno ritrovato a un tempo se stessi e la verità del mondo.