4.8.07

QUALE LIBERAZIONE?


La teologia “liberazionista” è il movimento cattolico tragicamente vicino ad uno degli errori ideologici più grandi della storia umana: l’idea che il socialismo possa fornire i mezzi per la salvezza dei poveri. Nel corso della visita del papa in Brasile, alcuni sacerdoti “liberazionisti”, che predicano un attivismo socialista rivoluzionario, hanno tenuto una sorta di contro conferenza alla Conferenza Episcopale latinoamericana dove Benedetto XVI era andato a parlare.
Il Papa ha ribadito che il socialismo non può e non potrà fornire i mezzi per la salvezza dei poveri. Piuttosto, dice, produce “distruzione economica ed ecologica”. E c’è il problema teologico: il socialismo abbraccia una visione materialista della storia umana che è in conflitto con l’attenzione del Vangelo per il cuore umano. Spostare la missione cristiana dal suo obiettivo principale di cambiamento individuale e culturale ad una agenda politicizzata e centrata sullo stato è fatale per la fede.
Chesterton scrisse che l’eresia è verità impazzita e questo ne è un classico esempio. La verità della necessità di una giustizia sociale viene enfatizzata alle spese di ogni altra verità. I “liberazionisti” nascondono gli avvertimenti del Vangelo sul potere, sul sostegno alla proprietà privata (vedi la parabola dei Tesori nel Campo), sull’etica imprenditoriale (parabola dei Talenti) e la chiara dichiarazione di Gesù che il suo regno non è di questo mondo. Lui è il re dei cieli e non, come credevano le persone che lo hanno accolto a Gerusalemme, il re terreno venuto a spodestare il potere secolare.
Negli anni ’80, il Cardinale Joseph Ratzinger chiarì precisamente questi punti: “Dicendo di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, Gesù separa il potere dell’imperatore dal potere di Dio…segnando così dei limiti ad ogni potere terreno e proclamando la libertà della persona che trascende tutti i sistemi politici. A causa di questo limite Gesù è andato incontro alla sua morte, testimoniando con la sua sofferenza il limite del potere. Il cristianesimo non inizia con un rivoluzionario, ma con un martire. La vera liberazione non può essere trovata nello stato ma solo attraverso l’esercizio della coscienza e la libertà di farlo. La forza motrice che sta dietro l’idea socialista ha radici più profonde che ci portano al cuore teologico della relazione tra stato e salvezza. Dal punto di vista del Papa, esiste un problema molto serio con qualsiasi teologia che veda il cambiamento politico come un mezzo per raggiungere la salvezza sulla terra. Questo non è un problema solo del marxismo o della sua variante “liberazionista”. È un’eresia con una lunga storia alle spalle.
Dopo il Concilio Vaticano II emerse una fazione che tentò di demolire in modo diverso la distinzione tra sacro e secolare. Invece di sostenere la restaurazione delle monarchie e delle aristocrazie cattoliche, questo neo-costantinianesimo (il ripristino di uno Stato Chiesa con i “liberazionisti” al potere) voleva istituzionalizzare le politiche dello stato socialista nel nome del cristianesimo. Questa visione di sinistra è speculare alla visione di destra: entrambe attribuivano alla politica un ruolo decisivo nella salvezza spirituale del genere umano.
“Che cosa è il reale?” ha chiesto Benedetto XVI in un suo discorso in Brasile. “Sono “realtà” solo i beni materiali, i problemi sociali, economici e politici?” No. Anche le coscienze e le anime lo sono. L’attivismo politico può tentare di ottenere libertà per tutti. La salvezza, però, viene attraverso mezzi diversi. Questo è stato il suo messaggio il tempo a venire. Tratto da Robert A. Sirico presidente dell’Istituto Acton