"Il mio rapporto con la Morte. Io odio la Morte. L’aborro più della sofferenza, più della perfidia, della cretineria, di tutto ciò che rovina il miracolo e la gioia d’essere nati. Mi ripugna guardarla, toccarla, annusarla, e non la capisco. Voglio dire: non so rassegnarmi alla sua inevitabilità, la sua legittimità, la sua logica. Non so arrendermi al fatto che per vivere si debba morire, che vivere e morire siano due aspetti della medesima realtà, l’uno necessario all’altro, l’uno conseguenza dell’altro. Non so piegarmi all’idea che la Vita sia un viaggio verso la Morte e nascere una condanna a morte. Eppure l’accetto. Mi inchino al suo potere illimitato e accesa da un cupo interesse la studio, la analizzo, la stuzzico. Spinta da un tetro rispetto la corteggio, la sfido, la canto, e nei momenti di troppo dolore la invoco. Le chiedo di liberarmi dalla fatica d’esistere, la chiamo il regalo dei regali, il farmaco che cura ogni male. Tra me e lei c’è un legame fosco ed ambiguo, insomma. Un’intesa equivoca e buia. Ed è quel legame che scorgo nel volto, negli occhi, di Giobatta. Quell’intesa. Nel suo caso, esasperata dalla dimestichezza che con la Morte ebbe fin da bambino. E, forse, acuita dalla consapevolezza di fornirle presto una doppia vittoria." (
Oriana Fallaci)
Tu che come scrittrice, ma soprattutto come donna, sei riuscita a tirar fuori tanta rabbia ma anche tanto amore, facendoci piangere ed emozionare ma anche accaponare la pelle per quanto vere e forti erano le parole dei tuoi libri, delle tue urla, tu che hai sempre lottato per i tuoi ideali, per far uscire dal torpore chi non vuole, o peggio ancora, chi fa finta di non vedere, tu sempre contrastata dalle sinistre...che ai loro occhi eri solo una venditrice di libri, l’infedele nemica dell’Islam… Tratto da Magazine del "Il Corriere della Sera" del 24/07/08 di Alessandro Cannavò
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