Il sovrappopolamento? «Un mito, la popolazione cala in 65 paesi del mondo, di cui 22 poveri». Il family planning? «Una forma razzista e genocida con cui i paesi ricchi opprimono quelli poveri». E la politica del figlio unico in Cina «vìola molti diritti umani». Parla con cognizione di causa Steve W. Mosher, da nove anni presidente del Population Research Institute (Pri) in Virginia, vera autorità in materia di demografia. Convertito al cattolicesimo e padre di nove figli, Mosher, chiamato alla guida del Pri dal suo fondatore, padre Paul Marx, amico di Giovanni Paolo II, ha appena pubblicato
Population Control, un vigoroso saggio sul family planning e le politiche antidemografiche. Si parla molto di un presunto “sovrappopolamento”, ma nessuno, in ambito demografico, può dirci esattamente cosa significhi. I movimenti antinatalità evocano immagini di povertà (basso reddito, salute difficile, disoccupazione, malnutrizione, sovraffollamento abitativo) per giustificare i propri programmi antidemografici. Indicano questa povertà come il “risultato” del sovraffollamento. Ma essa non è altro che la povertà stessa. L’intento di questa gente è cancellare la povertà eliminando i figli dei poveri. L’ironia sta nel fatto che questa “guerra” ha già causato ciò che essi preconizzavano, ovvero un mondo materialmente più povero, culturalmente meno diversificato, economicamente meno avanzato. Ma la paura del sovraffollamento sparisce di fronte alla caduta dei tassi di crescita demografica in Italia, in Europa o nel resto del mondo; però questi gruppi, che dispongono di miliardi di dollari, non si accontentano nemmeno della crescita zero: vogliono arrivare alla regressione demografica.
A differenza, però, delle rivoluzioni industriali o tecnologiche, quella demografica ci renderà tutti più poveri. I gruppi che appoggiano il controllo delle nascita includono sigle ambientaliste radicali, che considerano l’uomo nemico della natura; vi sono le femministe estreme, che non hanno più nessun interesse verso i bambini; vi è anche il sistema di sicurezza degli Stati Uniti che vede nella popolazione dei paesi in via di sviluppo una minaccia alla supremazia americana. Quest’ultimo argomento è stato ben sintetizzato dal segretario di Stato Warren Cristopher (durante la prima amministrazione Clinton, ndr), che disse: «La crescita della popolazione mette a repentaglio gli interessi della sicurezza americana. Esige risorse. Arresta lo sviluppo economico. Genera malattia. Causa flussi di rifugiati e alla fine minaccia la nostra stabilità». (
vedi)
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