18.3.11

FUKUSHIMA


Fin dalle prime ore successive al terremoto che ha colpito il Giappone, si è visto come la centrale avesse subito dei danni. La rottura di una diga aveva interrotto l’afflusso d’acqua per il raffreddamento dei reattori, e inoltre non poche crepe iniziavano a farsi evidenti sulle strutture, molto delicate. Il governo e la società di gestione, la Tepco, all’inizio hanno cercato di minimizzare i danni, ma alla fine hanno dovuto cedere.
La verità dei fatti stava diventando troppo grossa e grave per nasconderla, visti anche i ripetuti scoppi e le esplosioni che hanno liberato nell’aria chi lo sa quante sostanze velenose e radioattive. La popolazione, già stremata per lo tsunami, è stata quindi evacuata, e solo il personale della centrale ha continuato il suo lavoro.
Ma nella giornata del 15 marzo 2011, 750 operai sono stati portati in salvo, in vista del peggio. Se si escludono alcuni dispersi, nell’intera area sono ormai presenti solo 50 tecnici, che si sono offerti volontari per alzata di mano. Nelle loro forze risiede la speranza di un popolo intero di evitare un disastro nucleare.
La paura per la contaminazione si unisce ai turni di lavoro massacranti, ma i 50 eroi non possono cedere, perché la centrale continua a fare le bizze, e il pericolo si è allargato anche ad altri reattori (almeno 4 avrebbero già subito perdite radioattive, e le esplosioni ormai non si contano più).
Gli incendi si susseguono, e loro sono protetti solo da quelle tute che sembrano davvero poca cosa in confronto alla minaccia. Loro però non si vogliono arrendere all’apocalisse, e proseguono nel loro lavoro: tamponare, raffreddare, spegnere incendi.