24.6.06

Riaffermare la propria identità contro i nichilisti


Il mondo occidentale potrà salvarsi solo se riaffermerà la propria identità. Senza vergogna, senza timore. Devono succedere tre cose, principalmente.
Primo, i musulmani presenti nei nostri paesi devono smetterla una volta per tutte di negare l'esistenza del problema e affrontarlo senza ipocrisia. Devono denunciare, condannare ed estirpare l'estremismo e gli estremisti dalle loro comunità: senza questa condizione, nulla è possibile. Tantomeno una convivenza pacifica. Il problema è che a mio avviso siamo distanti da questa prospettiva poiché i cosiddetti islamici moderati scelgono di sottostare alle regole della propria comunità, tra cui il silenzio.
Secondo, gli Stati occidentali devono da un lato applicare politiche di accoglienza per rendere noto ai musulmani che sono benvenuti se vogliono praticare in pace e secondo la legge la loro religione. Ma, contestualmente, bisogna essere durissimi riguardo ogni piccola violazione del nostro sistema non solo penale ma anche di valori: mai più vengano tollerati predicatori d'odio, estremisti, fanatici. Mai più.
Terzo, dobbiamo dar vita a un nuovo patto sociale con l'immigrazione islamica nei nostri paesi, un patto che parta dai bambini, dalle giovani generazioni che devono crescere nella coscienza della propria identità ma anche nella suprema consapevolezza del rispetto delle leggi, siano esse britanniche, italiane, francesi e così via. Il multiculturalismo non deve più essere una scusa come è stato fino ad ora: bisogna smettere di pensare che i diritti delle minoranze debbano dettare legge sulla maggioranza per una malintesa political correctness, quasi per un senso di colpa nei confronti degli immigrati. Ma quale senso di colpa, quale? Dobbiamo riaffermare le nostre identità nazionali, non possiamo accettare questo attacco a livello mondiale verso i nostri valori, primo fra tutti la libertà. (Malanie Phillips)

12.6.06

Lo strano successo del Codice

La denigrazione della Chiesa cattolica, tanto per cominciare. La fantasmagorica ricostruzione delle origini del cristianesimo, la riduzione dell’opera di Leonardo a contorta caccia al tesoro enigmistica, la confusione programmatica di dati e date, la fantastoria spacciata come storia. Lo "strano successo" del Codice sarebbe in qualche modo spiegabile anche attraverso una perdurante incapacità dei cattolici a "dare le ragioni della propria speranza". Al netto della fede (e in alcuni casi perfino della buona fede), ne sappiamo insomma poco, abbiamo una conoscenza troppo confusa e incerta della nostra tradizione religiosa. E ci si lascia infinocchiare.

Al netto della fede, ne sappiamo poco


Dan Brown imbarazzante e scomodo per la Chiesa Cattolica? Ma figuriamoci. Ho l’impressione che “Il Codice da Vinci” cominci a diventare un alibi per il ceto ecclesiastico e Dan Brown un untorello su cui scaricare la responsabilità di un immane disastro. Quello veramente scomodo e imbarazzante, per il mondo clericale, è un altro. Si chiama Joseph Ratzinger e infatti le sue parole esplosive sono silenziosamente censurate. Quelle sì fanno tremare i palazzi del potere curiale.
Certo, è vero che milioni di persone semplici possono abboccare a quelle corbellerie credendo veramente che Gesù Cristo sia stato il marito della Maddalena e via burlando. Ma se nella Chiesa, in questi decenni, si fosse annunciato veramente Gesù Cristo, invece di andare dietro a ogni moda e ideologia, non sarebbe accaduto. Se non si fosse creduto che parlare di “temi attuali” (di costume o di politica) fosse più affascinante, per i contemporanei, che parlare di Gesù di Nazareth, l’unico veramente affascinante per gli uomini di tutti i tempi…
Se innanzitutto preti, teologi, vescovi non fossero stati “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, come disse Ratzinger alla vigilia della sua elezione, il 18 aprile 2005, davanti a tutto il collegio cardinalizio, se avessero fatto conoscere e amare con passione Gesù Cristo e la bellezza del cristianesimo e avessero dato ragione della fede della Chiesa, invece di fare a gara per finire sui media, dicendo la loro su mille questioni marginali (sociali o civili), il gregge non si sarebbe smarrito dietro ai tanti Dan Brown…
“La piccola barca del pensiero di molti cristiani” disse Ratzinger in quella memorabile messa, “è stata non di rado agitata… gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale, dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via”.
Il 7 maggio scorso denunciò il carrierismo nella Chiesa: “il tentativo di arrivare ‘in alto’, di procurarsi una posizione mediante la Chiesa: servirsi, non servire”. Parrebbe piccola cosa, invece è un flagello enorme, e le parole del papa sono giudizio storico molto pesante sulla Chiesa degli ultimi decenni dove la burocrazia ecclesiastica ha invaso e sostituito la vita cristiana con l’amministrazione e il Verbo si è fatto carta, uffici, organizzazione, piani, mito dell’efficienza (talora affari), nell’ennesima emulazione del mondo.
“Sicchè oggi” si legge in un libro di Ratzinger “la chiesa è divenuta per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”.
Questo è ovviamente ingiusto, ma certo la gente non avrebbe cercato di placare la sua fame e la sua sete di Gesù Cristo a sorgenti avvelenate come “Il Codice da Vinci” se avesse potuto scorgerne il volto nella sua Chiesa, se non avessimo trasformato seminari e università teologiche in aride officine di demolizione della fede e dei vangeli, ………..
(Antonio Socci, 20.05.2006)

Caravaggio: La chiamata di san Matteo

(Chiesa di S. Luigi dei Francesi - Roma)

9.6.06

Il concetto di vita del figliol prodigo

“Vita e libertà – sono le cose a cui tutti noi aneliamo. Ma che cosa è questo – dove e come troviamo la "vita"?
Io penso che, spontaneamente, la stragrande maggioranza degli uomini ha lo stesso concetto di vita del figliol prodigo nel Vangelo. Egli si era fatto liquidare la sua parte di patrimonio, e ora si sentiva libero, voleva finalmente vivere senza più il peso dei doveri di casa, voleva soltanto vivere. Avere dalla vita tutto ciò che essa può offrire. Godersela pienamente – vivere, solo vivere, abbeverarsi all'abbondanza della vita e non perdere nulla di ciò che di prezioso essa può offrire. Alla fine si ritrovò custode di porci, addirittura invidiando quegli animali – così vuota era diventata questa sua vita, così vana. E vana si rivelava anche la sua libertà.
Non avviene forse anche oggi così?
Quando della vita ci si vuole soltanto impadronire, essa si rende sempre più vuota, più povera; facilmente si finisce per rifugiarsi nella droga, nella grande illusione. Ed emerge il dubbio se vivere, in fin dei conti, sia veramente un bene. No, in questo modo noi non troviamo la vita. La parola di Gesù sulla vita in abbondanza si trova nel discorso del buon Pastore. È una parola che si pone in un doppio contesto. Sul pastore, Gesù ci dice che egli dà la sua vita. "Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso" (cfr Gv 10, 18). La vita la si trova soltanto donandola; non la si trova volendo impossessarsene.”

(Dall’ omelia del Papa nell’Incontro del 3 giugno 2006 con i nuovi Movimenti e Comunità)