26.10.09

LA MENTE APERTA


Chi ha una mente aperta? Chi ti ascolta, chi ti parla, chi ti capisce. Chi ti viene incontro e ti guarda negli oc­chi sorridente. Chi è interessato agli al­tri, alla loro vita, ai loro problemi, al lo­ro modo di pensare. Chi si arricchisce della loro esperienza. Noi viviamo in gruppi separati. I bambini stanno con i bambini, gli adolescenti fra di loro e co­sì via per tutte le fasce di età. A molte feste date da miei conoscenti i figli — anche non giovanissimi — non si ferma­no, se ne vanno. Non parliamo poi dei gruppi politici e di quelli etnici. La socie­tà è fatta di barriere, di silenzi, di indif­ferenza, di pregiudizi.
Noi assimiliamo i pregiudizi del no­stro gruppo sociale, politico e culturale parlando solo fra di noi, leggendo i no­stri giornali e guardando solo gli spetta­coli televisivi che ci piacciono. E quando incontriamo qualcuno che è odiato dal gruppo proviamo un immediato senso di antipatia. Lo stesso con i libri, con i film, non li sfogliamo neppure, li scartia­mo con disgusto. Una ragione per cui spesso non leggiamo libri molto belli e non guardiamo ottimi film. Perché se­guiamo ciecamente le indicazioni del no­stro gregge.
Eppure, alcune volte, riusciamo a libe­rarci di questa schiavitù del pregiudi­zio, per un istante la nostra mente si apre, abbiano il coraggio di parlare con quella persona, di leggere quel libro, di guardare quel film che avremmo scarta­to e scopriamo stupiti che invece è bello, interessante, divertente. E ci si apre da­vanti una prospettiva a cui non avrem­mo mai pensato. Solo chi ha la mente aperta sa giudicare obbiettivamente. È spaventoso avere un insegnante con la mente chiusa. Non ti capisce, approva solo ciò che corrisponde a quanto pensa lui, premia i più conformisti e condan­na gli innovatori. Figuratevi poi trovar­si un giudice che ti ha già condannato prima di vederti! Quando penso al dan­no provocato da una mente chiusa mi vengono in mente gli effetti delle ideolo­gie fanatiche: i gulag russi, i campi di sterminio tedeschi, gli attentati dei ka­mikaze fra la folla. Perché la mente chiu­sa non è solo ottusa, è anche cattiva.
In ogni essere umano c’è sempre qual­cosa che possiamo scoprire e valorizza­re. Un professore con la mente aperta quando esamina i suoi studenti vede i loro difetti, i loro errori, ma scopre sem­pre anche qualità positive, potenzialità da sviluppare. A volte penso che l’aper­tura della mente sia, nella sua essenza, amore e slancio vitale.
(Alberoni)

4.10.09

IL NICHILISMO


Il termine nichilismo designa in senso generico l'atteggiamento o la dottrina volti a negare in modo definitivo e radicale l'esistenza di qualsiasi valore in sé e l'esistenza di una qualsiasi verità oggettiva. Il nichilismo rappresenta la volontà di negare i valori già esistenti.
Il nichilismo è una concezione delle cose, in base alla quale la realtà sarebbe inesorabilmente destinata a declinare nel nulla, ovvero, dal punto di vista etico, sarebbe indeterminabile o assente una finalità ultima che orienti il corso delle cose e la vita dell'uomo. Dato che l’uomo è limitato e sperimenta ogni giorno questo limite nella morte e nelle sue dolorose anticipazioni, allora egli può essere spinto a considerare - al di là di quanto ne sia cosciente - che il niente sia il vero senso dell’essere. L’affermazione nichilista nega pertanto, in questo senso, vera consistenza alla realtà e di conseguenza esclude che l'uomo possa fare esperienza della verità in quanto tale, considerata come oggettiva e universale.
Il nichilismo dei nostri giorni è più tranquillizzante e consolatorio: predica l’accettazione da parte dell’uomo della propria condizione e l’inutilità delle speranze che sono fuori dalla sua portata.
In Nietzsche il fenomeno del nichilismo viene descritto come segno dei tempi, sintomo della decadenza in cui versa la civiltà; nello stesso tempo, in positivo, il crepuscolo dei valori e degli idoli "con i piedi d'argilla" che hanno dominato la storia dell'Occidente, e quindi nel suo insieme e nel suo avanzare costituisce l'annuncio di una nuova "aurora", la profezia di una nuova era, che sorgerà dalle ceneri della morte dell'uomo così come esso storicamente si è dato, e del Dio che egli ha costruito a propria immagine e somiglianza. Profeta e interprete di questa nuova era sarà dunque non più l'uomo, ma una sorta di figura mitica, designata come l'Oltreuomo (Übermensch), capace di assumere su di sé il senso profondo del nichilismo e superarlo, rendendosi autore e creatore di nuovi valori. Nella fondamentale opera
Così parlò Zarathustra, Nietzsche raffigura la civiltà decadente, il nichilismo e l'Oltreuomo con alcune metafore, quali quella del cammello portatore del peso dei valori e degli idoli che si è creato (la storia umana e la cultura) e che lo appesantiscono nel suo movimento libero e creativo, una sorta di sapere storico che reprime e indebolisce la potenza e la forza dell'istinto di libertà creativa ch'era invece presente in più larga misura in figure e popolazioni che ci hanno preceduto; la figura del leone, il nichilismo stesso ma anche il filosofo distruttore poiché anch'egli immerso anche se in maniera attiva nel processo di decadenza e quindi anch'egli figura del nichilismo ed infine l'aurora oltre l'umano troppo umano: l'Oltreuomo che liberatosi dalle catene della storia quale storia del nichilismo e alleggeritosi dai fardelli del passato che imprigionavano il gioco creativo delle sue facoltà e dei suoi istinti primordiali, come un fanciullo gioca finalmente libero e creatore di sempre più nuove possibilità esistenziali sì che la Terra diventa "luogo di guarigione".
In Nietzsche la parola nichilismo designa l'essenza della crisi che ha investito la civiltà europea moderna: per Nietzsche il nichilismo è un evento che porta con sé decadenza e spaesamento, tanto da costituire una sorta di malattia da cui il mondo moderno è affetto; tale malattia condurrebbe alla disgregazione del soggetto morale, alla debilitazione della volontà e alla perdita del fine ultimo dell'esistenza (nichilismo passivo).
In
Wille zur Macht (La volontà della potenza) egli afferma:
« Ciò che io racconto è la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata; perché la necessità stessa è qui all'opera. Questo futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più ed ha paura di riflettere. »
A tale condizione seguirebbe, secondo Nietzsche, un risorgimento della volontà legislatrice umana e un superamento della condizione di malattia attraverso una multiforme rivalutazione dell'esistenza (nichilismo attivo) libera da ogni pretesa di verità assoluta. Fondamento del nichilismo è la "morte di Dio", simbolo della perdita di ogni punto di riferimento e massima rivelazione del nulla universale.

LO SPIRITO DELL'UOMO È COMPRESO TRA DUE ALI


Lo spirito dell'uomo è compreso tra due ali che sono la fede e la ragione. Mancando un sola delle due non si può spiccare il volo alla ricerca della verità. Solo con l'utilizzo delle due ali contemporaneamente si può arrivare alla contemplazione della verità. Quindi l'una non esclude l'altra, ma al contrario la completa e la sostiene. La razionalità senza la fede non va da nessuna parte e così la fede senza razionalità. Se Dio ci ha dato entrambe le virtù non possiamo poi utilizzarne una sola per la ricerca della verità. La completezza sta nel fatto che l'una dà forza all'altra nei momenti di vuoto o di orgoglio.
La fede quindi non va accettata ma va pensata, esige di essere pensata.
Nessuna fede può essere accettata se prima non è pensata dall'intelletto, Dio si rivela all'intelligenza, spiega il suo amore. L'amore di Dio viene rilevato e quindi comunicato e l'uomo deve conoscere la rivelazione; il processo della conoscenza passa assolutamente dalla ragione, non vi è altra via. L'ascolto della parola in ogni caso non trova subito la logica accettazione ma spesso la razionalità ha la necessità di ricerca, e questa ricerca si fermerebbe subito se fosse solo analitica quindi affinché la razionalità continui a dare il suo riscontro c'è la necessità della fede di proseguire anche se in quel momento la ragione non da risposte.
La ragione quindi, per perseguire la ricerca e avere le sue risposte, ha spesso la necessità di invocare la fede.
L'uomo naturalmente ha una vocazione per la ricerca della verità ma spesso usa solo un'ala (o la fede o la ragione) e così trova grandi difficoltà perché da sole queste virtù sono incomplete.
La ragione dopo un po' diventa solo speculazione di se stessa e si richiude contorcendosi sulle proprie idee, la fede dopo un po' si inaridisce senza l'interesse della scoperta e della rivelazione che si rivela. L'eterna dialettica delle due cose da necessità alla vita dell'uomo nella sua essenza di essere creato.
L'insidia più grande è quella di non governare più la ragione in virtù di un non chiaro liberalismo religioso dove ognuno può pensare un dio a modo suo.
Due sono i mali del secolo: l'indifferenza e il crearsi una religione e un dio a proprio uso e consumo.
L'emotività spesso ci dà un'etica del momento che si discosta da una verità rilevata, spesso il bene degli uomini passa davanti al sacrificio di un uomo. Spesso si ha la necessità di credere perché lo vuole la nostra natura, lo vuole la nostra ragione, lo vuole la nostra fede, ma il vuoto degli ideali il nichilismo imperante e l'indifferenza più totale ci distolgono dalla cura che si dovrebbe avere della ragione e della fede.
Il nichilismo imperante, causa diretta e indiretta del benessere oltre ogni misura, si combatte solo con una fede in divenire, con una fede in crescita, una fede che va nutrita e curata.
La cura e il nutrimento della nostra fede viene solo dalla ragione. Le due virtù non sono in contrasto ma si completano, sono una il complemento dell'altra.