27.5.09

L’UNICA AUTORITÀ MORALE UNIVERSALE


«Non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come “fermento” di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il “vecchio” Continente continuare a svolgere la funzione di “lievito” per il mondo intero? Se i Governi dell’Unione desiderano “avvicinarsi” ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua a identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di “apostasia” da sé stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? Si finisce in questo modo per diffondere la convinzione che la “ponderazione dei beni” sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà, se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo.
«Una comunità che si costruisce senza rispettare l’autentica dignità dell’essere umano, dimenticando che ogni persona è creata a immagine di Dio, finisce per non fare il bene di nessuno. Ecco perché appare sempre più indispensabile che l’Europa si guardi da quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore. Tale pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale e ideale, che è inerente alla natura umana. Quando, poi, su un tale pragmatismo si innestano tendenze e correnti laicistiche e relativistiche, si finisce per negare ai cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi. Nell’attuale momento storico e di fronte alle molte sfide che lo segnano, l’Unione europea per essere valida garante dello stato di diritto ed efficace promotrice di valori universali, non può non riconoscere con chiarezza l’esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano».Si confronti questo testo con i discorsi di qualunque leader europeo.
(dal discorso di Benedetto XVI pronunciato il 24 marzo 2007, a conclusione del convegno indetto dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea, sul tema Valori e prospettive per l’Europa di domani, nel 50° anniversario dei Trattati di Roma)

10.5.09

LA RAGIONE E’ NOBILITATA E RESA UMILE DALLA GRANDEZZA DELLA VERITÀ DI DIO

Oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un’espressione di comunione fra persone e con Dio. Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è. Certamente, il contrasto di tensioni e divisioni fra seguaci di differenti tradizioni religiose, purtroppo, non può essere negato. Tuttavia, non si dà anche il caso che spesso sia la manipolazione ideologica della religione, talvolta a scopi politici, il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società? A fronte di tale situazione, in cui gli oppositori della religione cercano non semplicemente di tacitarne la voce ma di sostituirla con la loro, il bisogno che i credenti siano fedeli ai loro principi e alle loro credenze è sentito in modo quanto mai acuto. Musulmani e Cristiani, proprio a causa del peso della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono oggi impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera, desiderosi di comportarsi e vivere secondo le disposizioni dell’Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli, coerenti nel dare testimonianza di tutto ciò che è giusto e buono, sempre memori della comune origine e dignità di ogni persona umana, che resta al vertice del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia.
Oggi desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all’insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragione creatrice, che ordina e guida il mondo. E Dio ci dota della capacità a partecipare a questa Ragione e così ad agire in accordo con ciò che è bene. I Musulmani adorano Dio, Creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all’umanità. E quali credenti nell’unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio. In realtà, quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti. In tal modo, la ragione umana viene rinvigorita nell’impegno di perseguire il suo nobile scopo di servire l’umanità, dando espressione alle nostre comuni aspirazioni più intime, ampliando, piuttosto che manipolarlo o restringerlo, il pubblico dibattito. Pertanto l’adesione genuina alla religione – lungi dal restringere le nostre menti – amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l’infinito; fa sì che la libertà sia esercitata in sinergia con la verità, ed arricchisce la cultura con la conoscenza di ciò che riguarda tutto ciò che è vero, buono e bello. (visita di BXVI in Giordania)

(vedi il programma e i discorsi qui)

3.5.09

AUDITORIUM O CHIESA ?







Nella cura della costruzione delle chiese non bisogna cedere a ideologie che tendono a oscurare la loro presenza nel territorio o a creare uno spazio ibrido che vanifica la percezione del sacro. Queste «ideologie» possono talvolta coincidere con certe mode dell'architettura, del tutto estranee alla tradizione liturgica cristiana. Da una parte ci sono i fedeli che subiscono le architetture più strampalate, i quali, se protestano vengono subito tacciati come «ignoranti» o «retrogradi»; dall'altra parte, le Curie diocesane o i responsabili dei grandi santuari che sembrano fare a gara per rincorrere l'architetto più famoso senza poi avere il coraggio di imporre alcune scelte di fondo. Fino a pochi decenni fa le chiese cattoliche avevano pianta approssimativamente a croce o quadrata. Da pochi decenni a questa parte l'architettura religiosa ha subìto una vera rivoluzione (per dire il meno): perdita del nesso tra il significante e il significato, smarrito il senso estetico, riduzione dell'arte a discorso su sé stessa (e quindi necessitante di un intermediario, cioè del critico capace di interpretarla e "spiegarla", perché ai "non esperti" il messaggio - se c'è - resta criptico).
(Nelle foto la nuova chiesa del quartiere Loreto di Bergamo)

1.5.09

RECUPERARE UN LINGUAGGIO CHE FACCIA COMPRENDERE IL VALORE DEL LUOGO DOVE SI CELEBRA L'EUCARISTIA E IL SUO SENSO PROFONDO


Chiese che assomigliano a enormi garage, chiese opprimenti appesantite da tetti di piombo, chiese che sembrano dei bunker o che s'incorporano a tal punto alle case circostanti da non essere neanche più visibili. L'architettura sacra nei decenni del post concilio ha fatto sorgere nelle nostre città una serie di edifici non solo decisamente brutti, ma soprattutto assolutamente inadeguati a esprimere il senso del sacro, come dimostrano alcune immagini di nuovi edifici di culto cattolici pubblicati in questa pagina.

UNA CHIESA È ANZITUTTO IL LUOGO DELLA PRESENZA FISICA DI DIO












«Entrando in alcune delle chiese moderne – ha scritto Vittorio Messori - viene davvero una gran voglia di pregare, ma di pregare che Dio perdoni l'architetto. Purtroppo dietro all'architettura c'è una teologia: quella della demitizzazione dell'Eucaristia. La chiesa deve essere soltanto un luogo di riunione, un salone dove ci si ritrova ad ascoltare il predicatore. Non si accentua più il sacrificio eucaristico, ma la dimensione del pasto comune».
«La posizione cattolica - spiega Messori - ha sempre tenuto insieme i due aspetti: la chiesa è sì luogo di riunione e di predicazione, ma anche lo scrigno che custodisce l'Ostia Consacrata. Se si banalizza il contenuto, è naturale che si arrivi anche a banalizzare il contenitore. Ad esempio, dietro certe chiese che assomigliano ad anonimi capannoni, c'è la teologia del cristianesimo “anonimo” di Rahner».
Lo scrittore non risparmia critiche agli ecclesiastici: «Credo che i preti debbano essere gli ultimi a parlare perché sono stati loro a sostenere questa teologia e a ritenere che quanto più un architetto è ateo, o musulmano o ebreo, tanto più è titolato a costruire chiese. Vorrei ricordare che proprio a Roma si è voluto che l'architetto autore della chiesa giubilare di Tor Tre Teste non fosse cristiano». «Si costruiscono chiese che assomigliano a depositi industriali - conclude Messori - ma ci si dimentica che quando Stalin decise di costruire la metropolitana di Mosca, volle che fosse la più sfarzosa del mondo perché, disse, anche il popolo ha diritto alle colonne! Così il dittatore comunista, con il suo culto ateistico, aveva intuito ciò che ha sempre spinto la Chiesa a costruire degli edifici belli e anche sfarzosi. Non soltanto perché sono il contenitore dell'Eucaristia, ma anche perché la maggior parte delle persone vive in architetture squallide e almeno nel giorno di festa, andando in chiesa, ritrova la bellezza e il colore dell'arte, le colonne, gli ori e gli stucchi».