17.9.06

MODIFICARE L'IDEALE E' PIU' FACILE


E’ inutile discutere sulle parole evoluzione e progresso: personalmente io preferisco parlare di riforma. Riforma include il concetto di forma; implica che noi ci proviamo a formare il mondo secondo una particolare immagine, a trasformarlo in qualche cosa che vediamo già nella nostra mente. Evoluzione è una metafora tratta dalla idea di un semplice svolgimento automatico; progresso è una metafora tratta dall’idea di andare per una strada, molto verosimilmente per una cattiva strada. Ma riforma è una metafora per persone ragionevoli e ponderate: significa che, vedendo una certa cosa senza forma, intendiamo dargliene una. E sappiamo quale.
Qui ci appare in tutta la sua gravità il collasso e l’enorme errore della nostra epoca. Abbiamo mescolato due cose differenti, due cose opposte. Progresso dovrebbe significare che noi stiamo sempre cambiando il mondo per seguire un ideale. Progresso significa (oggigiorno) che noi cambiamo sempre ideale. Dovrebbe significare che noi portiamo lentamente ma sicuramente la giustizia e la pietà fra gli uomini; significa che siamo prontissimi a dubitare se giustizia e pietà siano desiderabili: una pagina folle di qualche sofista prussiano basta a farcene dubitare. Progresso dovrebbe significare che noi siamo sempre in cammino verso la Nuova Gerusalemme; significa invece che la Nuova Gerusalemme cammina allontanandosi sempre più da noi. Noi non modifichiamo la realtà per seguire l’ideale; modifichiamo l’ideale: è più facile.
….Poco importa sapere quante volte l’umanità fallisca nell’imitare il suo ideale perché tutti i passati insuccessi sono utili; quello che importa sapere è quante volte l’umanità cambi il suo ideale perché allora tutti i passati insuccessi sono infruttuosi.

(G.K. Chesterton – L’ortodossia – ed. Morcelliana, pag.143)

16.9.06

Raffaello Sanzio - L'incendio del Borgo (Palazzi Vaticani)

RELIGIONE E VIOLENZA

Ora si sentono in dovere di promuovere una sorta di "guerra santa" islamica contro il capo della Chiesa cattolica che legittimamente esprime le sue valutazioni sull'islam, con rispetto ma altrettanta chiarezza della diversità che naturalmente esiste tra le due religioni. Le considerazioni riferite dal Papa, citando l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo, sulla diffusione dell'islam tramite la spada, sia da parte di Maometto all'interno della Penisola Arabica sia da parte dei suoi successori nel resto del mondo (con talune eccezioni), sono un fatto storico incontrovertibile. Lo attesta lo stesso Corano e la realtà del passaggio all'islam dell'insieme dell'impero bizantino a est e a sud del Mediterraneo, più la successiva espansione a nord in Europa e a est in Asia.(Magdi Allam)
Il Papa ha riportato nel suo intervento il “dialogo che l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Nel settimo colloquio-controversia l'imperatore tocca il tema della jihad (guerra santa).”
<<>"Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia... Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".
L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. Per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. >>
vedi il testo integrale della lezione tenuta dal papa nel pomeriggio di martedì 12 settembre 2006 nell’aula magna dell’Università di Ratisbona

Il dialogo è stato utilizzato come occasione per svolgere, in un contesto accademico e secondo quanto risulta da una completa e attenta lettura del testo, alcune riflessioni sul tema del rapporto tra religione e violenza in genere e concludere con un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte essa provenga” “Vale la pena – dice la nota del card. Bertone - di richiamare al riguardo quanto lo stesso Benedetto XVI ha recentemente affermato nel Messaggio commemorativo del XX anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera per la pace voluto dal Suo amato predecessore Giovanni Paolo II ad Assisi nell’ottobre del 1986: '… le manifestazioni di violenza non possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa nel tempo … Di fatto, testimonianze dell’intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose'".