29.9.07

ESSENZIALE E' LA CONCEZIONE DELLA PERSONA


Il rispetto dell'uomo e della sua dignità, il suo bene e il suo destino sono i valori primari cui deve ispirarsi la società. Oggi più di ieri non si può pensare che la tutela della persona, e il bene dell'umanità, possano essere separati e spezzettati e si possano tutelare alcuni diritti umani, violandone altri. Un filo comune unisce il destino delle persone e delle società, in un mondo che non conosce più barriere insuperabili.
È impossibile promuovere la pace se la giustizia è violata, perché la mancanza di giustizia provoca ribellione, violenza, guerra. Ma è impossibile tutelare la giustizia se alla base della società manca una visione etica e morale riconoscibile. Benedetto XVI ricorda che quando l'uomo insegue desideri o interessi effimeri, questi erodono l'ethos dall'interno e provocano squilibri nella personalità umana e nella sua struttura. Il profitto che diviene unica regola dell'economia degrada l'uomo, lo rende egoista, disattento ai diritti degli altri, e al bene collettivo. Quando l'uomo ricerca soltanto la soddisfazione materiale, o mette da parte la ricerca della verità, diviene più povero interiormente, perde la capacità di costruire se stesso, di realizzare un progetto di vita che soddisfi le sue aspirazioni più alte.
Muovendo da questa concezione ricca e complessa dell'uomo, si comprende il ruolo della famiglia fondata sul rapporto tra un uomo e una donna. Possiamo vedere tutti i giorni che quando la famiglia è posta in pericolo le conseguenze si riversano sulle persone, sulla collettività, sui più deboli. Quando vi è crisi della famiglia essa provoca la sconfitta della persona, mette a rischio i suoi diritti e bisogni legittimi. Se l'egoismo si sostituisce alla solidarietà, si può finire col disconoscere il valore della vita, all'inizio o nella fase terminale. Nella società di oggi, che sta divenendo multiculturale, il diritto di libertà religiosa sta assumendo una nuova centralità, si pone in termini nuovi perché grandi realtà religiose vengono a contatto come mai era avvenuto in passato. La libertà religiosa ha radice nell'apertura alla trascendenza e risponde ai bisogni più intimi della persona che in Dio trovano risposta e appagamento, e deve quindi essere salvaguardata in ogni suo aspetto. L'esercizio di tale libertà comprende anche il diritto di cambiare religione. La religione è indissociabile dalla libertà, e l'Europa deve evitare che si formino comunità nelle quali si entra ma dalle quali non si può uscire, che la multiculturalità provochi contrapposizioni tra religioni, che alcune religioni esigano di potersi diffondere senza riconoscere eguale diritto alle altre.
Se la religione è indissociabile dalla libertà della coscienza, ancor più essa è incompatibile con il terrorismo che usa la violenza in modo sistematico e antiumano. Il terrorismo non può mai invocare Dio a sua giustificazione, perché nel suo fondo è iscritto il disprezzo ingiustificabile della vita umana, mentre in Dio è la fonte dell'uomo e della vita. Nel difendersi contro il terrorismo la società deve rispettare le regole morali e giuridiche che caratterizzano lo Stato di diritto. Essenziale è la concezione della persona che è chiamata a costruire se stessa all'interno di un progetto etico ricco e solidale, senza abbandonarsi alle mode del momento, ai richiami del contingente, alle lusinghe della soddisfazione immediata, perché l'egoismo provoca sempre inaridimento nella propria coscienza, ma anche ferite e impoverimento negli altri. (da avvenire)

23.9.07

IL TOTALITARISMO ISLAMISTA

Il fondamentalismo islamico costituisce la base di una nuova ideologia dell'odio e della morte fatta propria dai movimenti estremisti e terroristi, in direzione della messa a ferro e fuoco delle società aperte e liberali e del tentativo di conquista dell'Europa e dell'Occidente. Soprattutto in seguito all'11 settembre ed alla catena di attentati sanguinosi e sommosse che sono state poste in essere un po' in ogni parte del globo, è palese come l'islamismo persegua senza tentennamento alcuno la strategia politica di intimidire e destabilizzare (per poi rovesciare) sia i regimi arabi moderati (considerati apostati) che i governi occidentali (giudicati empi ed infedeli), volendone condizionare le linee di politica estera ed interna ed anche il corso delle elezioni, sottomettendone psicologicamente la popolazione autoctona.
Il miglior alleato dell'Islam è proprio la vulnerabilità disfattistica e la crisi culturale e di coscienza delle classi dirigenti europee. Ciò fa imboccare la via dello sfascio complessivo delle istituzioni, data l'apertura a flussi migratori incontrollati e la strumentalizzazione ideologica del multiculturalismo tollerante, della libertà religiosa e del «diritto alla differenza». L'islamismo si avvale dell'Unione Europea come di un proprio spazio di finanziamento economico ed allargamento geo-strategico. L'atmosfera di decadenza e l'aria di declino che si respira nel Vecchio Continente rappresenta una vera e propria «manna dal cielo» per l'integralismo islamico. In virtù di una comunicazione politica ideologica «islamicamente corretta» impregnata di «guerra delle rappresentazioni» e manipolazione della storia, il musulmano si va spacciando per una vittima, diseredata e vessata, del (presunto) razzismo neo-colonialista occidentale, nuova faccia di un imperialismo giudeo-cristiano. L'islamismo persegue così il disegno di auto-ghettizzarsi in un comunitarismo deviato e sovversivo, e, da minoranza religiosa ostile ai valori e alle leggi della società d'accoglienza, agisce per divenire movimento politico maggioritario mirante nel tempo alla presa diretta ed assoluta del potere per imporre la legge islamica (shari'a), il cui primigenio fondamento è il Corano stesso, testo e manifesto insieme religioso, culturale, sociale e politico «perfetto ed intoccabile».
V'è un'inconciliabilità ed alternativa totale tra la visione umanistica e giudaico-cristiana che sta alla base delle democrazie occidentali laiche e liberali, e l'islamismo, che impone in forza dei postulati del Corano una fusione totale tra precetti religiosi oscurantisti, usanze sociali tribali, primitive e barbare, leggi statali liberticide ed azione politica guerresca. L'Islam si considera come l'unica e vera religione chiamata a dominare il pianeta e ad uccidere tutti i nemici, ossia coloro i quali rifiutano lo status d'inferiorità di sottomissione e «dhimmitudine» che deve essere applicato ai non musulmani. La pace, in tale visione apocalittica del mondo, si realizzerà solo quando l'Islam regnerà incontrastato ed avrà annientato cristianesimo ed ebraismo, i suoi due «rivali» principali. Da qui la violenza e la «guerra santa» (jihad) quale «dovere collettivo di ogni buon musulmano» per la difesa ed espansione planetaria dell'Islam.

15.9.07

L'UOMO ALLA RICERCA DELLA VERITA': COME DEVE CERCARLA?


C'è un modo di pensare la verità che non potrà mai condurre alla verità. Si dice che l'uomo cerca la verità: si pensa che la verità sia altrove, perché se la cerchiamo non è qui con noi. Allora ci mettiamo in cammino per cercarla. Questa è l'immagine di tutta la tradizione occidentale, anche scientifica. Laggiù c'è la verità, e noi ci diamo da fare per raggiungerla. Possiamo, a questo proposito, usare una metafora evangelica, molto bella: ci mettiamo a "bussare alla porta della verità". Proviamo a riflettere su ciò che implica questa immagine del cammino che si deve percorrere per raggiungere la verità. Ma questo cammino, che deve arrivare alla casa della verità, è compiuto nella verità? Può esser compiuto questo cammino nella verità, se partiamo dal principio che la verità sia laggiù, chiusa in una casa? Se la verità è chiusa là, il cammino percorso è nella non verità. Allora se bussiamo alla porta non ci sarà aperto. Questo che cosa vuol dire? Che se noi ci mettiamo nella prospettiva dominante, in cui la verità è qualche cosa che va ricercato, accostato, a cui ci si debba avvicinare, noi non la troveremo mai. L'alternativa è incominciare a pensare alla verità come ciò in cui noi tutti, già da sempre, siamo. Nell'altro modo il discorso è chiuso, e non arriveremo mai ad una verità lontana. La verità non è mai stata trovata perché la possediamo già da sempre. Non è che sia, ripeto, quella casa laggiù in cui si debba entrare. A costo di scandalizzarvi, ricordo che a Gesù, quando è sulla croce, il ladrone dice: "Signore oggi ricordati di me". Gesù gli risponde: "Quest'oggi tu sarai con me in Paradiso". Ciò a cui questo discorso - che tento di portare alla luce, al di là della storia dell'Occidente - porta è l'affermazione: "Badate, voi, noi, tutti, siamo già da sempre in Paradiso". La radice greca di Paradiso vuol dire "esser presso gli Dei", "essere presso il divino". Quindi io sono lontanissimo dal dire: la verità non è mai stata trovata. Non è mai stata trovata perché l'abbiamo sempre. E' forse il linguaggio - qui verrebbe fuori il tema del linguaggio - che la occulta? Per tornare al cielo, questa volta non stellato, la verità è come il cielo. Se un cacciatore pensa agli uccelli e spara agli uccelli, non vede il cielo. Ma il cielo splende sempre al di sopra della sua testa. Lui crede di non vedere altro che i volatili, le migrazioni degli uccelli e magari pensa a un cielo e "Chissà mai quando mai lo vedrò! Chissà mai se lo troverò". No, il cielo è qui da noi. Noi siamo nel cielo. (Emanuele Severino)

9.9.07

UNA PARENTELA IMPOSSIBILE


Jacques Ellul, intellettuale e teologo francese, morto qualche anno fa, nella sua opera postuma “Islam e cristianesimo, una parentela impossibile”, ci mette in guardia dall'idea, prevalente nel ceto intellettuale europeo, secondo cui sarebbe giunto il momento in cui la religione di Maometto e quella di Cristo possono incontrarsi, convivere pacificamente e rapportarsi vicendevolmente all'insegna del buonismo ideologico e del pacifismo utopistico. Le cose non stanno così.

Certo, l'Europa versa in uno stato di piena eclissi di valori, che si riverbera anche a livello culturale e politico: la morale e l'etica sono in crisi e non si ha vera fiducia nel futuro. Da qui una sensazione di profondo smarrimento, che si traduce anche nell'attuale vistoso calo demografico. Ci si rifiuta di attingere alle grandi fonti storiche che sono compendiate dalla tradizione greco-romana e dalle radici giudaico-cristiane. Di contro, l'Islam si presenta come religione in netta espansione. Ciò lo si vede dalla sua propensione a diffondersi a macchia d'olio in terra europea, con ondate massicce di immigrati che si stabiliscono nel Vecchio Continente in gruppi chiusi verso l'esterno ma inquietantemente coesi al proprio interno. Il movimento politico-religioso islamista radicale, con prepotenza ed a testa alta, è convinto di diventare, nel giro di pochi lustri, maggioranza di fatto nel continente europeo, per poi, in un secondo momento, imporre a tutti i suoi cittadini il proprio sistema totalizzante, in netta opposizione alla visione giudaico-cristiana, che invece contempla come propri cardini la laicità dello Stato, la libertà, la dignità della persona umana e la sacralità della vita. L’analisi di Ellul smonta, pezzo dopo pezzo, i (falsi) pilastri su cui poggia quell'approccio che ritiene possibile una parentela tra Cristianesimo ed Islam.

1.9.07

LIBERTA' E VERITA'


Indubbiamente, davanti a una pretesa di verità che si presenti con troppa sicurezza, vi sono sufficienti motivi per chiedere con prudenza: che cos'è la verità? Ma vi sono altrettanti motivi per porre la domanda: che cos'è la libertà? Cosa intendiamo in realtà quando esaltiamo la libertà e la collochiamo sul gradino più alto della nostra scala di valori? Io credo che il contenuto collegato in generale al desiderio di libertà sia illustrato in modo preciso nelle parole con le quali, una volta, Karl Marx ha espresso il suo sogno di libertà. La condizione della futura società comunista renderà possibile "fare oggi questo, domani quello, al mattino andare a caccia, al pomeriggio pescare, a sera dedicarsi all'allevamento del bestiame, dopo la cena discutere di quanto al momento avrò voglia [...]". Proprio in questo senso la mentalità media irriflessa intende con libertà il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che si desidera in un determinato momento e di non dover fare quello che non si vuole. Detto altrimenti: libertà significherebbe che la propria volontà sia l'unica norma del nostro fare e che essa possa volere tutto e abbia anche la possibilità di mettere in pratica tutto ciò che è voluto.
A questo punto emergono ovviamente degli interrogativi: quanto è libera in realtà la volontà? E quanto è ragionevole? E una volontà irragionevole è una volontà veramente libera? Una libertà irragionevole è davvero libertà? È veramente un bene? La definizione della libertà a partire dalle possibilità della volontà e dalle possibilità di mettere in pratica ciò che è voluto non deve dunque essere completata mediante il legame con la ragione, con la totalità dell'essere umano, affinché non si giunga alla tirannia dell'irrazionalità? E non apparterrà alla collaborazione fra ragione e volontà di cercare anche la ragione comune a tutti gli uomini e, dunque, la reciproca tollerabilità delle libertà? È evidente che nella questione della ragionevolezza della volontà e del suo legame con la ragione si nasconde implicitamente anche la questione della verità.
Per Rousseau tutto ciò che è stato elaborato dalla ragione e dalla volontà è contro la natura, ne è la corruzione e la negazione. Il concetto di natura non è a sua volta plasmato dal concetto di diritto, che come legge di natura si troverebbe al fondamento di tutte le nostre istituzioni. Il concetto rousseauiano di natura è antimetafisico, legato al sogno della libertà totale, senza alcuna regola.
Qualcosa di simile riemerge in Nietzsche, che contrappone l'ebbrezza dionisiaca all'ordine apollineo ed evoca così i contrasti originari della storia della religione: gli ordinamenti della ragione, simboleggiata da Apollo, corrompono la libera, illimitata ebbrezza della natura.
Klages ha ripreso lo stesso motivo con l'idea dello spirito come avversario dell'anima: lo spirito non è il grande, nuovo dono, nel quale soltanto finalmente si darebbe libertà, ma il disgregatore dell'originario con la sua passionalità e la sua libertà. Da un certo punto di vista questa dichiarazione di guerra allo spirito è antilluministica, e in questo senso il nazionalsocialismo poteva richiamarsi a tali orientamenti nella sua ostilità verso l'illuminismo e nel suo culto di "sangue e terra". Ma il motivo di fondo dell'illuminismo, il grido alla libertà, non solo è presente anche qui, ma è portato alla sua forma più radicale.
Nei radicalismi politici del secolo passato, come di quello presente, tali tendenze rispuntano continuamente in modalità molteplici di fronte alla forma democratica addomesticata della libertà. La rivoluzione francese, iniziata con un'idea democratica costituzionale, recise rapidamente da sé questi legami e si mise sui binari di Rousseau e del concetto anarchico di libertà; proprio così essa divenne, inevitabilmente, una dittatura sanguinaria.
Anche il marxismo continua questa linea estrema: esso ha sempre criticato la libertà democratica come libertà apparente e promesso una libertà migliore, più radicale. Il suo fascino veniva anzi proprio dal fatto che prometteva una libertà più grande, e più audace, di quella realizzata nelle democrazie. Due aspetti del sistema marxista mi sembrano essere particolarmente importanti per la problematica della libertà nell'epoca moderna e per il problema della libertà e verità:
a) il marxismo muove dall'idea che la libertà è indivisibile; quindi, come tale, sussiste solo se è la libertà di tutti. La libertà è legata all'uguaglianza: perché vi sia libertà, deve anzitutto essere stabilita l'uguaglianza. Ciò significa che, al fine della piena libertà, sono necessarie rinunce di libertà. La solidarietà di coloro che combattono per la libertà di tutti precede la realizzazione delle libertà individuali. La citazione di Marx, dalla quale siamo partiti, mostra che in realtà alla fine l'idea della libertà illimitata dell'individuo è di nuovo presente, ma per il momento vige la superiorità dell'aspetto comunitario, la superiorità dell'uguaglianza sulla libertà e dunque il diritto della comunità rispetto all'individuo.
b) Collegato con quanto precede è il presupposto che la libertà del singolo dipenda dalla struttura dell'insieme e che la lotta per la libertà debba essere condotta innanzitutto non come lotta per i diritti dell'individuo, ma come lotta per una struttura del mondo diversa. Di fronte alla questione di quale aspetto questa struttura debba avere, e quali siano pertanto i mezzi razionali per la sua edificazione, al marxismo è manifestamente mancato il respiro. Infatti anche un cieco poteva vedere che nessuna delle strutture costruite rendeva reale quella libertà, a motivo della quale era richiesta la rinuncia alla libertà stessa. Ma gli intellettuali sono ciechi, laddove si tratta delle creazioni del loro pensiero.
Per questa ragione hanno potuto rinunciare a ogni realismo e continuare a combattere per un sistema, le cui promesse non potevano essere mantenute. Ci si aiutò con una fuga nella mitologia: la nuova struttura avrebbe creato un uomo nuovo, poiché, in realtà, solo con un uomo nuovo, con uomini totalmente diversi, le promesse avrebbero potuto trovare attuazione. Se nell'istanza della solidarietà e nell'idea dell'indivisibilità della libertà si trova la connotazione morale del marxismo, nel suo preannuncio dell'uomo nuovo si fa manifesta una menzogna che paralizza anche l'approccio morale. Verità parziali sono collegate a una menzogna, e per questo l'insieme fallisce: la menzogna sulla libertà vanifica anche gli elementi veri. La libertà senza la verità non è libertà.
Noi siamo oggi a questo punto. Siamo giunti di nuovo esattamente alle problematiche che Szizypiorski ha formulato così drasticamente a Salisburgo. Che cos'è la menzogna, ora lo sappiamo, almeno in relazione alle forme di marxismo finora realizzate. Ma che cos'è la verità, lo ignoriamo ancora. Sì, il timore cresce: non esiste affatto una verità? Non esistono affatto la giustizia e il diritto? Ci dobbiamo accontentare di ordinamenti sempre provvisori per garantire il minimo di moralità e di convivenza pacifica? Ma anche questi ordinamenti minimi hanno davvero successo, come mostrano i recentissimi sviluppi nei Balcani e in tante altre parti del mondo? Lo scetticismo cresce e le sue ragioni si rafforzano, e tuttavia non scompare la volontà di un mondo migliore, di un mondo della perfetta libertà.
La sensazione che la democrazia non sia ancora la forma giusta della libertà è abbastanza generale e si diffonde sempre più. La critica marxista della democrazia non può facilmente essere messa da parte: quanto libere sono le elezioni? Quanto è manipolata la volontà mediante la pubblicità, dunque tramite il capitale, tramite alcuni padroni dell'opinione pubblica? Non esiste forse la nuova oligarchia di coloro che determinano che cosa è moderno e progressista, che cosa deve pensare una persona illuminata? La crudeltà di questa oligarchia, la sua possibilità di condanne pubbliche, è da tempo conosciuta. Chi volesse opporsi è un nemico della libertà, perché egli impedisce la libera espressione del pensiero. E che cosa dire della formazione del consenso negli organi di rappresentanza democratica? Chi potrebbe ancora credere che il bene comune sia ivi l'elemento davvero determinante? Chi potrebbe dubitare del potere di interessi, le cui mani sporche divengono visibili sempre più di frequente? E più in generale: il sistema della maggioranza e minoranza è veramente un sistema di libertà? E associazioni di interessi di ogni tipo non stanno diventando decisamente più forti della rappresentanza propriamente politica, del Parlamento? In questo groviglio di poteri cresce in modo sempre più minaccioso il problema dell'ingovernabilità: la volontà di affermazione dei diritti dei gruppi opposti blocca la libertà dell'insieme.
C'è senza dubbio la tentazione di soluzioni autoritarie, la fuga davanti alla libertà non padroneggiata. Ma questo atteggiamento non è ancora determinante per lo spirito del secolo. La corrente radicale dell'illuminismo non ha perduto la sua efficacia, diviene anzi più forte. Proprio di fronte ai limiti della democrazia diventa più forte il grido verso una totale libertà. E, comunque, nella mentalità dominante "legge e ordine" hanno sempre decisamente il significato di opposizione alla libertà. Istituzione, tradizione, autorità appaiono in sé come il polo opposto alla libertà. La nota anarchica del desiderio di libertà si fa più forte, perché le forme vigenti della libertà comunitaria non soddisfanno. Le grandi promesse dell'inizio dell'epoca moderna non sono state mantenute, ma il loro fascino è inalterato. La vigente forma democratica della libertà non può più oggi essere difesa semplicemente con questa o quella riforma legislativa. La questione tocca i fondamenti stessi. Si tratta di che cosa è l'uomo e di come egli, in quanto singolo e nel suo insieme, possa vivere giustamente.
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Ciò di cui abbiamo certamente bisogno è di una correzione di percorso in tre punti essenziali, nei quali vorrei riassumere i risultati delle mie riflessioni.
1. Una concezione della libertà, che voglia considerare come liberazione soltanto la dissoluzione sempre più ampia delle norme e l'ampliamento continuo delle libertà individuali fino alla totale liberazione da ogni ordinamento, è falsa. La libertà, se non intende portare alla menzogna e all'autodistruzione, deve orientarsi alla verità, ossia a ciò che veramente noi siamo e corrispondere a questo nostro essere. Poiché l'uomo è un'essenza nell'"essere da", nell'"essere con" e nell'"essere per", la libertà umana può consistere solo nell'ordinata concordia delle libertà. Il diritto non è pertanto il contrario delle libertà, ma la sua condizione, ne è anzi costitutivo. La liberazione non consiste nella progressiva abolizione del diritto e delle norme, ma nella purificazione di noi stessi e nella purificazione delle norme, così che esse rendano possibile la convivenza umana delle libertà.
2. Dalla verità della nostra essenza consegue un ulteriore elemento: in questa nostra storia umana non vi sarà mai la situazione assolutamente ideale, né mai verrà eretto un ordinamento di libertà definitivo. L'essere umano è sempre in cammino e sempre limitato. Davanti alla manifesta ingiustizia della società socialista e a tutti i problemi dell'ordine liberale Szizypiorski aveva posto il dubbioso interrogativo: esiste effettivamente un diritto? A questo proposito dobbiamo dire: in verità, l'ordine assolutamente ideale delle cose, il diritto perfetto, non esisteranno mai [Cfr la Costituzione conciliare Gaudium et spes, n. 78: "... la pace non è stata mai stabilmente raggiunta"].
Laddove è avanzata tale pretesa, non si dice la verità. La fede nel progresso non è totalmente falsa. Falso è però il mito del futuro mondo liberato, nel quale tutto sarà diverso e tutto sarà buono. Noi possiamo erigere sempre e solo ordinamenti relativi; solo relativamente essi possono avere ragione ed essere giusti. Ma dobbiamo impegnarci proprio in questo avvicinamento, il più adeguato possibile, al diritto autentico. Tutto il resto, ogni escatologia intrastorica, non libera, ma inganna e dunque asservisce. Occorre perciò smitizzare anche il fulgore mitico che si è attribuito a concetti come cambiamento e rivoluzione. Il cambiamento non è un bene in sé. Se è buono o cattivo dipende dai suoi contenuti concreti e dai punti di riferimento. L'idea che nella lotta per la libertà il compito essenziale sia il cambiamento del mondo è, ripeto, un mito. Nella storia ci saranno sempre un progredire e un retrocedere. In rapporto all'autentica natura morale dell'uomo essa non si svolge linearmente, ma con ripetizioni. Nostro compito è lottare di volta in volta nel presente per quella strutturazione relativamente migliore della convivenza umana e custodire il bene così raggiunto, vincere il male esistente e difendersi dall'assalto delle potenze distruttive.
3. Dobbiamo anche prendere congedo dal sogno dell'assoluta autonomia della ragione e della sua autosufficienza.
La ragione umana ha bisogno del sostegno delle grandi tradizioni religiose dell'umanità. Essa certamente esaminerà in modo critico le singole tradizioni religiose. La patologia della religione è la malattia più pericolosa dello spirito umano. Essa si dà nelle religioni, ma esiste propriamente anche là dove la religione è respinta come tale e viene attribuito un ruolo assoluto a beni relativi: i sistemi ateistici dell'epoca moderna sono gli esempi più spaventosi di una passione religiosa alienata dalla sua essenza, il che significa comunque una malattia mortale dello spirito umano.
Laddove Dio è negato, non si costruisce la libertà, ma le viene sottratto il suo fondamento e pertanto essa risulta stravolta. "Nessuno degli appelli che concernono l'uomo sa dire come egli possa vivere senza aldilà e senza timore dell'ultimo giorno, e tuttavia riesca di volta in volta ad agire contro i propri interessi e i propri desideri". Laddove le più pure e profonde tradizioni religiose vengono totalmente abbandonate, l'uomo si separa dalla sua verità, vive contro di essa e perde la libertà. Anche l'etica filosofica non può essere semplicemente autonoma. Essa non può rinunciare all'idea di Dio così come non può rinunciare all'idea di una verità dell'essere, che ha carattere etico. Se non c'è nessuna verità dell'uomo, egli non ha neppure nessuna libertà. Solo la verità rende liberi. (qui il testo completo)