In Europa occidentale molti intellettuali e politici tacciono sugli orrori del totalitarismo comunista perché diversi tra loro sono simpatizzanti dell’ideologia marxista e leninista.
Per rendere l’idea di cosa significasse vivere sotto il regime comunista sovietico ecco la breve analisi di Peter Raina, uno dei massimi specialisti della storia contemporanea della Chiesa polacca:
“Uno degli scopi principali del totalitarismo comunista era la distruzione psicologica o l’eliminazione fisica degli oppositori”.
La persecuzione fisica consisteva nell’uso della violenza, compreso l’assassinio. Il terrore psicologico serviva a distruggere la personalità dell’uomo. A questo serviva la reclusione per lunghi anni nelle prigioni, spesso in completo isolamento. Ogni cittadino poteva trovarsi in una situazione “senza uscita”. Tutti dovevano essere coscienti che la loro vita privata, la carriera professionale e il futuro dipendevano dai Servizi di Sicurezza (in polacco Służby Bezpieczeństwa o SB).
L’apparato di sicurezza faceva parte della struttura del Ministero degli Interni (MSW), dove esisteva un dipartimento speciale, il cosiddetto Dipartimento IV, che si occupava specificamente della lotta contro la Chiesa (allora si parlava della lotta contro il “clero reazionario“). Esisteva anche uno speciale ufficio investigativo (biuro “C” ), che raccoglieva tutte le informazioni riguardanti le persone “sospette”.
I Servizi di Sicurezza usavano due metodi. Il primo metodo era la politica antiecclesiale delle autorità, per esempio: l’abolizione delle lezioni di religione nelle scuole, i divieti di organizzare delle cerimonie religiose, l’ostacolare l’uso dei mass media da parte della Chiesa. Il secondo metodo era molto più perfido, e consisteva nel terrorismo psicologico. I modi di terrorizzare i sacerdoti erano molteplici e vale la pena elencarne alcuni:
a) I sacerdoti più zelanti venivano accusati di attività contro lo Stato e di servizio al nemico imperialista. Successivamente venivano processati in spettacolari processi farsa che finivano con la pena capitale o lunghe pene di detenzione.
b) Si cercava di compromettere il sacerdote per poterlo ricattare. Era una prassi comune raccogliere tutte le informazioni possibili circa le abitudini di ogni sacerdote: se gli piacevano gli alcolici, le donne o se provava frustrazione nel suo lavoro. Spesso, s’impiegavano gli agenti-donne per creare qualche situazione compromettente per il sacerdote. Allora, potendo ricattare il sacerdote, gli si faceva una proposta di collaborazione con i Servizi. La collaborazione con gli SB consisteva nel fornire le informazioni circa la situazione in parrocchia, l’attività del parroco, il comportamento e le convinzioni del Vescovo ecc.
c) In ogni provincia funzionavano gli Uffici per le Confessioni Religiose (Urzad ds. Wyznań) legati ai Servizi Segreti, che controllavano le attività delle organizzazioni ecclesiastiche. Ogni qualvolta l’Episcopato Polacco pubblicava una Lettera pastorale contenente una critica del sistema comunista, ogni Vescovo locale veniva chiamato dal Presidente della provincia per un incontro durante il quale doveva dare spiegazioni e chiarimenti circa tale Lettera. In quelle occasioni i funzionari statali usavano il metodo della “carota e del bastone”: passavano dalle minacce alle offerte di aiuto, per esempio offrivano aiuto nella costruzione di una nuova chiesa, se il Vescovo avesse promesso di prendere le distanze dal Primate. Di solito i Vescovi rifiutavano qualsiasi collaborazione e per questo motivo le chiese non venivano costruite, la Guardia di finanza controllava con cattiveria i conti e le tasse delle parrocchie; i seminaristi venivano maltrattati durante il servizio militare obbligatorio.
d) La censura di Stato di solito limitava la tiratura delle riviste ecclesiastiche. L’aumento della tiratura dipendeva dalla decisione dell’impiegato dell’Ufficio per le Confessioni Religiose, che collaborava con i Servizi Segreti. Con i preti direttori o segretari delle riviste si usava il metodo che chiamerei: “Qualche cosa per qualche cosa”. Si prometteva di dare il permesso per aumentare la tiratura o di fornire più carta (allora la distribuzione della carta era completamente nelle mani dello Stato), se i responsabili delle riviste si impegnavano a fornire le informazioni riguardanti i membri della redazione. Certi responsabili, con il permesso verbale dei superiori, accettavano tali ricatti perché la possibilità di aumentare la tiratura della stampa religiosa veniva percepita come prioritaria.
e) Una delle armi di ricatto più usate dai Servizi Segreti era la concessione di un passaporto per poter viaggiare all’estero. Ogni cittadino che faceva richiesta di passaporto veniva invitato per un incontro presso gli uffici degli SB. Anche in questi casi valeva la regola “Qualche cosa per qualche cosa”: al cittadino veniva dato il passaporto se prometteva di fornire delle informazioni, e i Servizi volevano sapere tutto sulla gente. Ovviamente questa regola valeva anche per i sacerdoti che per poter andare a studiare all’estero (tanti sacerdoti sognavano di visitare Roma e di continuare gli studi nelle Università Pontificie) o per fare i missionari dovevano richiedere il passaporto. Di solito i sacerdoti raccontavano fatti senza nessun significato tanto per soddisfare in qualche modo gli ufficiali dei Servizi, che prendevano nota di tutto.
(zenit)